Claire Foy, storia di una regina Britpop

Ripercorriamo le fasi della carriera dell’attrice di First Man e Quello che non uccide, alla ribalta grazie all’interpretazione in The Crown e già messa alla prova dal Soderbergh di Unsane

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Quando qualche anno fa Noel Gallagher degli Oasis cantava Half the World Away, raccontando una città cupa da cui scappare il prima possibile, molto probabilmente si riferiva alla nativa Manchester, epicentro della Seconda Rivoluzione Industriale, del Manifesto di Marx ed Engels e di quelle fabbriche costruite con i tipici mattoncini arancio di cui era fatto il muro dei Pink Floyd.
Finita l’epoca vittoriana i fumi delle raffinerie di cotone continuavano però a contribuire al grigiore della città, al punto da spingere molti a scappar via negli anni ’90.
Non a caso lo shoegaze – l’indie rock inglese – nasceva e proliferava proprio lì, nei garage delle casette a schiera in cui adolescenti depressi cantavano il proprio malessere tenendosi al riparo dai freddi inverni mancuniani, in un tempo in cui essere depressi non era ancora considerato cool.
E magari a quella generazione lì è appartenuta anche Claire Foy, attrice classe 1984 nata a Stockport ma cresciuta tra Liverpool e Manchester.   
Perché ora il mondo sembra diventato tutto rose e fiori per la bella Foy, da mesi sulla cresta dell’onda per il fenomeno The Crown (per la quale si è aggiudicata un Emmy, un Golden Globe e due Screen Actors Guild Awards, dove però verrà sostituita nella prossima stagione da Olivia Colman), ma in giovinezza non avrà voluto seguire i consigli di Noel Gallagher e scappar via anche lei lontano mezzo mondo da quella vecchia cittadina che non profuma troppo di buono?

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A giudicare dai film sembra proprio di sì e pare che la fuga le sia riuscita anche parecchio bene, essendo arrivata fino alla Boston di Unsane o al fianco di Neil Armstrong in The First Man di Damien Chezelle.


Immaginiamo una fuga covata nel tempo, calcolata fino all’ultimo millimetro di pellicola ed iniziata già ai tempi di Little Dorrit, serie BBC che rendeva finalmente giustizia ad anni ed anni di infanzia dickensiana.
Ma più si allontanava da quei luoghi, più tornava prepotente la necessità di riallacciarsi alla storia d’Inghilterra. La Regina Elisabetta infatti non è il solo personaggio storico ad esser stato interpretato e, andando oltre la donna posseduta di L’ultimo dei Templari, in Wolf Hall la Foy vestiva infatti i panni di Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII.


Un esotismo d’accezione romantica il suo, manifestatosi ancor prima quando si era unita al cast di The Promise, miniserie in 4 puntate ambientata durante gli ultimi anni del dominio britannico in Palestina, o ancora in Crossbones, dove interpretava Kate Balfour nella settecentesca New Providence messa a ferro e fuoco da Barbanera.


Insomma Claire Foy viaggiava in lungo ed in largo, oltre i confini spazio-temporali. La Palestina, poi le Bahamas, Enrico VIII e la regina Elisabetta. Ma infondo infondo una domanda si faceva largo imperterrita: non era forse più facile restare in quella cittadina che non profuma troppo di buono, chiudendosi in un furgoncino al bordo della strada come The Lady in the Van?

Forse no, magari un’altra volta…

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