Climax, di Gaspar Noé

Tra Fame e Michael Bay. Musical e horror. Un cinema totalmente assoluto, che muore e rinascita e si rigenera continuamente. Frenesia, estasi, tormento e tenebre.

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Forse è una sfida fare tanti film mutanti tutti insieme. Che ribaltano il concetto di tempo. in un unico spazio. Dove comincia? Dove finisce? La nascita e la morte. L’euforia e la disperazione. Climax è frenesia, estasi, tormento e tenebre. Potrebbe partire dalla fine. Come Irréversible. Un ventina di giovani ballerini (tra i protagonisti c’è anche Sofia Boutella) si riunisce per uno stage di tre giorni in un collegio in disuso. Ballano, si ubriacano, sembrano tutti su di giri. Poi c’è qualcosa nella sangria. E il clima cambia rapidamente.

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Visivamente potentissimo. Strutturalmente estremam

ente audace. Con un piano sequenza inarrestabile in un ballo collettivo senza respiro. Tra Erik Satie e i Rolling Stones. In un clima di festa, di colori che esplodono. Fame che incrocia Michael Bay. Stessa visione estrema di un cinema del corpo che possono diverntare automi, macchine. O viceversa. Con i corridoi stretti, debolmente illuminati che riportano a Irréversible. E una sessualità accesa e sfrenata. Dove i sensi e il desiderio fisico prevalgono sui pensieri della mente.

Pochi giri di parole. Climax è vertigine pura. È attrazione totale e violenza estrema. Come nella scena in cui una ragazza incinta viene presa a calci in pancia perché accusata di aver messo la droga nella sangria. O del bambino di una ballerina chiusa a chiave. Il luogo della festa si trasforma in quello della morte. Con mutazioni improvvise. Corpi che diventano zombie. Dopo i titoli di coda in mezzo al film. Ne finisce uno, ne inizia un altro. In mezzo a tanti, infiniti segmenti.

Il ballo diventa una danza ossessiva. Pump of the Volume. Le prospettive si alterano, distorgono, capovolgono. Il cinema di Gaspar Noé è ebrezza senza freni. Forse, se si dovesse andare indietro, partendo dalla fine, è necessaerio rivedere il suo cinema. Che in passato, facendo mea culpa, è stato liquidato sbrigativamente. Soffermandosi sulla superficie e negando le sue molteplici linee e la sua enorme ricchezza. Come tutto il segmento delle altre esibizioni riprese tutte dall’alto. Musical/Horror. Dove sono i suoni più che la musica che diventano stordenti. Martellanti.

Non c’è più via d’uscita. Forse non c’è mai stata. Già dall’inizio con i video dei provini. Con i libri da una parte e le vhs dall’altra. Che saranno anche i riferimenti letterari e cinematografici dei numeri di danza. Con delle porte lubitschiane che sono oggetti determinante ma che si muovono con l’illusione del 3D. Non tira fuori solo la passione primordiale. Quella in cui ci si attira sentendo solo l’odore. Ma tutti i mostri che sono dentro di noi. E che abbiamo paura di vedere e quindi li neghiamo. Fuori non c’è più nulla. In uno dei cineasti che oggi sa fare un uso incredibile dello spazio. Anche quello mutante. Tutto si allarga e si restringe. Nascita e morte. Un cinema oggi assoluto. Michael Bay ancora. Dall’altra parte dell’Oceano.

 

Titolo originale: id.
Regia: Gaspar Noé
Interpreti: Sofia Boutella, Romain Guillermic, Souheila Yacoub, Kiddy Smile, Claude-Emmanuelle Gajan-Maull, Giselle Palmer
Distribuzione: Europictures
Durata: 95′
Origine: Francia 2018

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