Companion, di Drew Hancock

L’esordio del regista è un thriller sci-fi con elementi di black comedy. Non va però mai a fondo e resta incompiuto. Magnetica la protagonista Sophie Thatcher.

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“Nella mia vita ho vissuto due momenti di pura felicità. Il primo quando ho conosciuto Josh, il secondo quando l’ho ucciso”. Così la bella Iris si presenta nell’incipit di Companion, il primo film da regista di Drew Hancock. La trama è piuttosto semplice e comune per un film horror di questo tipo; una coppietta si reca in una villa sul lago isolata dal mondo insieme ad alcuni amici, tra cui una coppia gay, l’amica tosta che ha una strana intesa con lui e l’eccentrico proprietario di casa russo. Tutto sembra rientrare nei canoni più classici, ma alla fine del primo atto un’inaspettata scoperta (per lo spettatore) stravolge completamente la traiettoria narrativa del film. La carnefice annunciata dall’incipit diventa prima assassina e poi vittima, predatrice e poi preda, in un cortocircuito etico e morale che mette in discussione il giudizio del pubblico, ancor prima di quello della stessa protagonista.

Prodotto da Zach Cregger, regista del brutale quanto convincente Barbarian, Companion è un thriller sci-fi con elementi di black comedy capace di sorprendere e divertire, almeno fino a che non svela il poco mistero esaurendo così quella curiosità sollecitata fino a quel momento. L’aspetto primario che rende questa storia leggermente meno prevedibile è l’intelligenza artificiale e il suo implemento all’interno di un rapporto di coppia. Se già Spike Jonze con Her, e 27 anni prima Marco Ferreri con I Love You, avevano esplorato a loro modo l’innamoramento e l’ossessione maschile per un essere femminile artificiale, Hancock tenta di aggiornare il discorso al tempo presente. Quello su cui ragiona l’autore è il rapporto malsano che la nostra società ha instaurato con la tecnologia, un equilibrio precario tra uso e abuso che condiziona ogni aspetto del contemporaneo. Il problema non è certo l’evoluzione tecnologica, non è l’IA e non lo sono i grandi benefici che se ne possono trarre, piuttosto è la nostra società che dovrebbe essere educata ad un utilizzo consapevole. Companion gioca proprio su questo ed esplode nel momento in cui vengono meno le celebri tre leggi della robotica di Asimov.

L’esordio di Hancock è innanzitutto un film sulla coppia e sulle dinamiche disfunzionali che è possibile rintracciare in ogni tipo di relazione, in modo più o meno malsano. Troppo spesso i rapporti di coppia si basano sul controllo e il possesso, un modo per colmare le proprie insicurezze e proiettare le frustrazioni sul partner. Quel ricorrente concetto di mascolinità tossica che prevede un uomo che preferisce avere accanto una donna più debole, che guadagna meno, che è meno intelligente e se non lo è fa di tutto per dimostrarglielo. Un uomo che preferisce avere accanto una donna “oggetto” da comprare anziché amare, dopotutto, non così lontano dall’idea di fuckbot o sex doll che propone Hancock. Una dinamica di controllo e manipolazione affettiva (gaslighting) che spesso può portare a esplosioni di violenza, soprattutto nel momento in cui la partner si divincola e respinge gli approcci del maschio. Su tutto questo il regista riesce a imbastire alcune sequenze divertenti e altre puramente horror, con una magnetica Sophie Thatcher tra Terminator e Megan Fox in Subservience.

Companion racconta la storia di una relazione a dir poco tossica con spunti narrativi molto interessanti, ma si dimentica di indagare davvero la materia che mette in scena insistendo sulla superficie di un thriller incompiuto.

Titolo originale: id
Regia: Drew Hancock
Interpreti: Sophie Thatcher, Jack Quaid, Lukas Gage, Rupert Friend, Marc Menchaca, Megan Suri, Jaboukie Young-White, Younus Howlader
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
Durata: 97′
Origine: USA, 2025

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.6
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Il voto dei lettori
3.25 (4 voti)

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