Copshop – Scontro a fuoco, di Joe Carnahan

Carnahan cerca il suo action da camera ma non è disposto a rinunciare al suo cienma sopra le righe. È spaesato, quasi assente sulla scena, così il film viene retto dall’inedita coppia Grillo/Butler

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Per certi versi, Copshop è la resa dei conti del cinema di Joe Carnahan. Nato nella scuderia di Ridley e Tony Scott, è riuscito a smarcarsi da un cinema debitore di Ritchie e di Tarantino firmando action di tutto rispetto prodotti dalla Scott Free ed influenzati dalla regia dinamica ma rigorosa di Tony Scott, di cui divenne allievo più o meno ufficiale. Poi, però, il suo mentore muore e l’incantesimo si spezza. Carnahan gira sempre meno e torna a rifugiarsi nel suo stile pulp. Non ha più sfondato e anzi rischia di essere ricordato come un onesto mestierante sostenuto, però, da straordinari produttori.

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Quello di Carnahan è un cinema orfano, apolide ed è forse per questo che Copshop, primo film senza la produzione degli Scott alle spalle, sembra quasi uno spin off di Smokin Aces, action ambientato a Las Vegas che lo rivelò sullo scenario internazionale. Si torna nel Nevada, stavolta per seguire il duello tra il faccendiere collaboratore dell’FBI Ted Muretto (Frank Grillo) ed il killer, incaricato di ucciderlo, Bob Viddick (Gerard Butler), che scelgono di farsi rinchiudere in un’isolata stazione di polizia, il primo per proteggersi, l’altro per avere l’occasione di portare a termine il lavoro.

Carnahan torna a casa, dunque, eppure il suo sguardo non potrebbe essere più spaesato di così. Vorrebbe sviluppare un action da camera ma non è disposto a scendere a compromessi, a ripensare il suo linguaggio, in virtù di questo sistema. Il suo è ancora un cinema del pastiche, come tradisce il prologo 70’s o i rimandi al western, uno spazio giocoso, che però, ora, è chiamato a sostenersi su qualcosa di più del citazionismo. Cerca il suo Free Fire, il suo Distretto 13, Carnahan, ma finisce per essere irretito dagli spazi della centrale di polizia, che ne inibiscono il gusto per il racconto visivo e lo portano a chiudersi in didascalici piani oppressivi ed in un montaggio incolore. Carnahan preferisce evidentemente costruire la narrazione a partire dallo script, ma è indolente, pigro, si appoggia quasi completamente sui suoi personaggi grotteschi, sui dialoghi sopra le righe, sulla complessa costruzione dell’intreccio, senza rendersi conto che il suo immaginario dialoga a fatica con l’impostazione austera del racconto.

Lentamente, Copshop va in sofferenza, la narrazione si sfilaccia e la dimensione della detection ingloba e rallenta una storia che cerca, senza fortuna, l’accelerazione. Joe Carnahan perde contatto con il progetto man mano che lo gira, lentamente, tutto il peso del film finisce sulle spalle della coppia Grillo/Butler. I due scrivono, a tutti gli effetti, un altro film, ritmato dai loro scambi e retto dal desiderio di ripensare le tradizionali dinamiche dei loro personaggi, tra Grillo che detta i tempi dell’azione e Gerard Butler che rimane in secondo piano ed asseconda le istruzioni del co-protagonista, sempre più attore feticcio di Carnahan e che forse anche per questo comprende le dinamiche in gioco meglio del suo regista: Carnahan guarda infatti i suoi personaggi da lontano, spesso li coglie in controtempo, accenta l’azione un attimo prima o un attimo dopo, e così il carico tensivo sfuma inesorabilmente.

Il film torna in gioco solo nei momenti smaccatamente action. Anche in quel caso, tuttavia, il suo passo è diseguale: centra l’entrata in scena del killer interpretato da Toby Huss attraverso cui valorizza la claustrofobia degli spazi, ma si perde nell’ultimo atto, in cui il ritmo rallenta e quegli stessi corridoi impediscono all’azione di scorrere fluidamente.

Voleva essere il film più autoriale di Joe Carnahan, Copshop, quello attraverso cui dimostrare la capacità di adattamento del suo cinema, ma è forse la dichiarazione più forte dello smarrimento del suo regista. In questo senso Copshop è un progetto quasi funereo, in cui l’immaginario di Carnahan viene evocato sullo schermo come un’entità inquieta, che, priva di una guida solida, infesta uno spazio che non gli compete. E così il suo cinema non può che incepparsi e andare in mille pezzi. Copshop, sottotraccia, rischia di essere il primo punto fermo del percorso di Joe Carnahan. Che si trasformi in un nuovo inizio o nella definitiva conclusione della sua carriera starà a lui deciderlo.

 

Titolo originale: Copshop
Regia: Joe Carnahan
Interpreti: Frank Grillo, Gerard Butler, Alexis Louder, Toby Huss, Jose Pablo Cantillo
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 107′
Origine: USA, 2021

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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