Covid-19 e librerie: riaprire o non riaprire?

Nelle scorse settimane le librerie indipendenti hanno trovato delle soluzioni per rimanere sul mercato, come i Libri da Asporto, ma la attuale possibilità di riaprire non sembra una di esse

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I libri e la lettura sono o non sono beni essenziali? È questo il quesito che ha animato le ultime settimane nel mondo dell’editoria, dopo che il DPCM dell’8 marzo escludeva librerie e cartolibrerie dalle attività autorizzate a tornare operative perché ritenute essenziali.

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Mentre sui giornali molti intellettuali portavano all’attenzione pubblica la questione, la ALI (Associazione Librai Italiani) in data 18 marzo stimava il rischio di perdita di fatturato a 47 milioni, relativo a un periodo di chiusura dal 23 febbraio al 25 marzo. Per evitare una perdita che poteva risultare disastrosa per le piccole realtà indipendenti del settore, tra le iniziative promosse dalla ALI una si è rivelata particolarmente efficace: Libri da Asporto.

Realizzato in collaborazione con l’agenzia di media/stampa NW Consulenza e Marketing Editoriale, il progetto ‘Libri da Asporto’ consiste nell’offrire un servizio di consegna a domicilio dei libri acquistandoli direttamente dalla propria libreria di fiducia, senza passare attraverso sistemi per l’acquisto online che prevedono un costo per gli esercenti che li utilizzano.

Per aiutare soprattutto le realtà più piccole, le spese di raccolta e consegna dei prodotti da parte di corrieri sono state ammortizzate grazie a un fondo creato dagli editori che hanno deciso di sostenere l’iniziativa.
Partito il 20 marzo, in data 4 aprile il progetto contava già 706 librerie aderenti e 137 editori come sostenitori, con 52.856 € raccolti di cui il 36,29% impiegato per 9751 spedizioni.
A rendere così efficace l’iniziativa è stata la grande capacità delle librerie di utilizzare i social media per mantenere un contatto il più diretto possibile con i clienti.


Da sempre sono gli eventi ‘collaterali’ alla vendita a far andare avanti le piccole librerie: laboratori, presentazioni dei libri, club di lettura interni. In queste settimane di quarantena si è cercato quindi di mantenere quel rapporto speciale con i propri clienti attraverso consigli di lettura giornalieri, invitandoli a condividere sulle pagine Facebook le loro letture e mantenendo attive a distanza, attraverso i canali social, le attività di gruppo.

Però, la possibilità di riaprire data a librerie e cartolibrerie a partire dal 13 aprile, secondo il DPCM del 10 aprile, sembra non aver ricevuto un’accoglienza positiva dai diretti interessati.

Il motivo è la contraddizione che vede da un lato la quarantena prolungata fino al 4 maggio, dall’altro l’apertura delle librerie nel rispetto delle normative per la salute da applicare e rispettare in tutti i luoghi di lavoro e soprattutto in quelli rivolti al pubblico.

Infatti, in molte regioni italiane la riapertura è prevista nelle prossime settimane (in Lazio ad esempio sarà possibile riaprire dal 20 aprile), dato che la sanificazione e la messa in atto delle procedure di sicurezza sanitaria richiedono un tempo superiore alle 48 ore intercorse tra la pubblicazione del decreto e la prevista data di attuazione.

In più sono moltissimi i librai che hanno dichiarato pubblicamente di non essere interessati a riaprire in questo momento. La ragione di tali remore sta nell’assenza di garanzie sull’effettivo vantaggio che si avrebbe dalla riapertura: ammettendo che le persone si rechino nei negozi, quanti clienti sarebbe possibile servire al giorno? Abbastanza da ripagare i costi per tenere aperti i locali e pagare i commessi e allo stesso tempo avere un guadagno?

Forse le grandi catene legate a una casa editrice potrebbero essere in grado di gestire bene il problema, avendo locali ampi e quindi la possibilità di far entrare un alto numero di clienti mantenendo sotto controllo il rispetto delle distanze di sicurezza e evitando il rischio di assembramenti, ma per le piccole librerie si tratterebbe probabilmente di far entrare un massimo di tre clienti alla volta.
In più ciò che permette alle realtà più piccole del settore di andare avanti è qualcosa che va oltre il semplice acquisto: è il rapporto libraio/lettore, la possibilità di farsi consigliare e discutere di libri, oltre che acquistarli, l’occasione di partecipare a presentazioni, conferenze laboratori e tante altre attività promosse dalla libreria di fiducia.

Insomma, ciò che spinge a recarsi in una libreria indipendente non è tanto l’acquisto in sé, quanto la possibilità di un dialogo, di una vera e propria ‘esperienza’ che sembra decisamente inapplicabile nei tempi e nelle misure previste durante la quarantena.

Se siamo quindi felici che il libro sia riconosciuto come bene necessario, attendiamo di vedere quali si riveleranno essere gli strumenti più efficaci per mantenerlo vivo in un momento difficile per tutti i settori della cultura e dello spettacolo.

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