"Crossing Over", di Wayne Kramer

Wayne Kramer, già regista di Running, dirige un mosaico composito, attraverso una sceneggiatura labirintica, anche compiaciuta, che però ha il merito di surriscaldare il film. Crossing Over elimina gradualmente la distanza dai suoi personaggi e, in mezzo a riavvicinamenti o laceranti separazioni, resta la figura solitaria di un grande e dolente Harrison Ford, che attraversa lo spazio tra il necessario senso del dovere e un’umanità che tende a oltrepassarlo, quasi una personale rivisitazione degli eroi dei western di Anthony Mann interpretati da James Stewart.

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Può apparire un film così pensato da apparire tutto costruito a tavolino. E in parte lo è. Crossing Over è un altro film sul post-11 settembre che unisce l’utilizzo di più vicende in più spazi diversi proprie del cinema di Iñárritu con il modello di quel vibrante collage umanista di Crash. Ed è soprattutto al film di Paul Haggis che Crossing Over fa subito pensare. Tanto che appare a prima vista una specie di (in)volontario plagio.
Ambientato a Los Angeles, il film vede protagonista Max Brogan (Harrison Ford), un agente dell’Immigration and Customs di Los Angeles che tende si occupa degli immigrati clandestini che cercano di ottenere la “green card” alla ricerca di una vita migliore. Da lui si passa al suo collega di lavoro di origine iraniana Hamid e alla sua sorella ribelle Zahra, all’adolescente coreano Yong Kim, al musicista inglese Gavin, all’operaia messicana scomparsa Mireya, all’aspirante attrice australiana Claire Shepard, alla ragazza del Bangladesh Taslima, all’avvocato difensore Denise Frankel (Ashley Judd) e a suo marito Cole (Ray Lotta) che valuta chi può ottenere i permessi di soggiorno.
Wayne Kramer, già regista di Running, dirige così un mosaico composito, attraverso una sceneggiatura (scritta da lui stesso) labirintica, anche compiaciuta, che però ha il merito di surriscaldare il film. Crossing Over elimina gradualmente la distanza dai suoi personaggi. Quelle visioni dall’alto delle strade di Los Angeles, da oggettivi sguardi diventano improvvisamente delle impennate nel vuoto. Stavolta l’adrenalina parte della parola ma, anche in un piano fisso, Kramer arriva anche oltre di quanto lui stesso possa credere. Basta vedere il momento in cui Taslima legge il tema in classe in cui cerca di comprendere le ragioni dei kamikaze dell’11 settembre scatenando violente proteste in tutta la classe o l’isolamento di Zahra durante la festa in famiglia in cui lei è il corpo estraneo.
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crossing overCerto, il cineasta non sa maneggiare in pieno la materia rovente che ha per le mani e ogni tanto ha bisogno di sottolineare le situazioni con qualche inquadratura di troppo (la colpevolezza del fratello avvocato di Hamid) o con eccessivi dettagli (la rapina nel negozio in cui è coinvolto anche Yong Kim) per evidenziare il fatto che lui ai suoi personaggi concede comunque una meritata redenzione. In mezzo a riavvicinamenti o laceranti separazioni resta la figura solitaria di un grande e dolente Harrison Ford, che attraversa lo spazio tra il necessario senso del dovere e un’umanità che tende a oltrepassarlo, quasi una personale rivisitazione degli eroi dei western di Anthony Mann interpretati da James Stewart. Il suo personaggio offre a Kramer un ottimo servizio. Ciò non basta magari a raggiungere i livelli di Haggis ma Crossing Over supera comunque di gran lunga Iñárritu.
 
Titolo originale: id.
Regia: Wayne Kramer
Interpreti: Harrison Ford, Ray Lotta, Ashley Judd, Cliff Curtis, Alice Braga, Melody Khazae, Summer Bishil, Jim Sturgess
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 113’
Origine: Stati Uniti, 2009
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