Cusp, di Parker Hill e Isabel Bethencourt
Presentato nella sezione Alice nelle città, il documentario si muove nello spaccato sociale in modo confusionario, e le belle immagini a riempiono il vuoto narrativo lasciato
La tossicità maschile, la decadenza delle certezze assolute e i lati oscuri dell’adolescenza: Parker Hill e Isabelle Bethencourt, nel loro primo lungometraggio, cercano di affrontare questi temi rendendoli inavvertitamente prigionieri di un esaurimento narrativo.
Negli ultimi anni il “cinema della realtà” fa uso di una modalità di racconto sospesa tra il linguaggio documentaristico e quello più di finzione. È il caso di Cusp che ha come protagoniste tre giovani ragazze nelle aride terre del Texas. Il film, prodotto tra l’altro da Chris Columbus e presentato allo scorso Sundance Film Festival, cerca di illustrare questo pezzo di civiltà americana attraverso temi sociali quali la violenza di genere, la dipendenza dai social e il crollo dei rapporti familiari, purtroppo resi malamente da una scrittura e da un impostazione registica fin troppo ripetitiva e “costruita”.
Infatti la scelta della modalità ibrida per raccontare tale realtà non permette fluidità, creando troppa contrapposizione linguistica, facendo continuamente porre la domanda se effettivamente ciò che stiamo vedendo sia un’ opera fin troppo elaborata o dalla sincerità estrema. Lo spaccato a cui si è testimoni viene affidato allo sguardo ingenuo di queste adolescenti, vogliose di crescere e di diversificarsi ma completamente succubi del contesto in cui vivono, soprattutto dalla sfera maschile. È netta la posizione del film nel criticare questo aspetto ma le argomentazioni scarseggiano, non riuscendo quasi mai a mantenere viva tale critica, consegnandola a una serie di situazioni ripetitive. Invece l’apparato visivo superficialmente potrebbe dar risalto a una ricerca sfarzosa dei paesaggi crepuscolari ma, rispetto a Sean Baker da cui si è ripreso molto nella costruzione del rapporto tra personaggi e ambiente, Bethencourt-Hill non sembrano riuscire a ricreare tale connubio, dandoci l’ idea di mostrare solamente un bellissimo esercizio di stile ma fine a sé stesso.
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto al film è a cura di Simone Emiliani