DA SODOMA A HOLLYWOOD 21 – Ken Russell, genio e sregolatezza

Maestro della provocazione, artista visionario e maledetto, Ken Russell è uno dei più importanti registi inglesi degli ultimi cinquant'anni. Il Gay & Lesbian Film Festival di Torino lo omaggia con un'interessante retrospettiva in cui rivedere alcune delle sue opere più controverse.

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Eclettico, visionario, altezzoso, splendidamente barocco e insopportabilmente kitsch, padrone della tecnica e spesso volgare e ridondante, amante dell'illusione cinematografica e del mezzo scenico come atto fondante di una piena libertà espressiva, al centro di un infinito dibattito tra i critici divisi ineluttabilmente tra idolatria e sberleffo: questo è Ken Russell, uno dei maggiori registi inglesi degli ultimi cinquant'anni, omaggiato al Gay & Lesbian Film Festival in svolgimento a Torino.

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Nato a Southampton nel 1927, ammiratore dell'espressionismo tedesco, cadetto in marina e poi ballerino, Russell debutta nel 1956 con Peepshow, realizza diversi lavori per la televisione, l'onirico e sognante corto Amelia and the Angel, per poi arrivare al primo lungometraggio di fiction con French Dressing, datato 1964, fallimento di critica e di pubblico. Un film in cui Russell mette subito sul piatto alcune coordinate essenziali che lo accompagneranno in una lunga e variopinta carriera: narrazione frammentata e anarchicamente scevra da ogni regola di messinscena, gusto smodato per l'eccesso, omaggi al cinema del passato, cura basilare dell'aspetto formale e coreografico.


Il cinema di Russell è una sorta di ottovolante cantato e ballato con voluttà, in cui Chaplin, Fellini e il Free Cinema Inglese del periodo si amalgamano insieme per dar vita ad uno spettacolo goliardico e insalubre, ludico e sarcastico, che si espande in diverse direzioni a seconda del tema scelto. Senza paura di fronte ad ogni sfida, Russell alterna lavori per il cinema e per la Tv, dirige su commissione il lineare poliziesco Il Cervello da un Milione di Dollari (1967) e raggiunge fama e notorietà con il dramma Donne in Amore (1969), che regala l'Oscar alla protagonista Glenda Jackson e una nomination per lui. Con I Diavoli (1971), uno degli horror più blasfemi e sconvolgenti di ogni tempo, sconvolge il pubblico del Festival di Venezia scatenando un putiferio negli ambienti cinematografici e cattolici italiani (e non solo), aggredisce il critico Alexander Walker durante un dibattito televisivo, e raccoglie un enorme successo di pubblico che trasforma il film in un cult che ancora oggi lascia inebetiti.

E' un uomo pittoresco, arcigno, polemico, e si costruisce un'immagine pubblica aggressiva che viaggia di pari passo con i suoi lavori. La stampa inglese lo attende al varco ad ogni nuovo film, dividendosi tra stroncature e apprezzamento, in un conflitto senza possibilità di soluzione. Continuando a saltabeccare tra i generi, Russell si specializza nelle biografie di grandi compositori del passato: su tutte Lisztomania (1975), esempio pregnante del barocchismo sfrenato (e talvolta smodato) con cui il regista stravolge ogni ordine di narrazione e ogni militante ideologia (nel film Richard Wagner, allievo e poi nemico di Liszt, viene paragonato prima a Dracula e poi a Hitler), immettendo nello stesso film elementi comici (ancora Chaplin come nume tutelare), drammatici, parti musicali, strambe allocuzioni in chiave science fiction, momenti di puro horror, il tutto al solito incorniciato in suadenti e sfarzose scenografie, in una giostra di luci e colori che abbaglia. Con Tommy (1975) realizza la prima opera rock della storia, coinvolgendo tra gli altri gli Who, Tina Turner, Elton John e Jack Nicholson; con Valentino (1977) torna alla biografia per rappresentare il suo punto di vista riguardo a un personaggio da sempre controverso; con Stati di Allucinazione (1980) mescola horror e fantascienza in un film allucinatorio e deviato, ma non privo di fascino; e poi ancora China Blue (1984), il sottovalutato Gothic (1987), La Tana del Serpente Bianco (1988, da Stoker), Whore-Puttana (1991), solo per citarne alcuni, in un profluvio di titoli che prosegue, seppur in tono minore, fino ad oggi.


Poeta dell'assurdo, artista combattuto tra genialità e misoginia, analista della sessualità, maestro della provocazione, navigatore solitario di un cinema senza frontiere, Ken Russell resta comunque una figura di assoluto riferimento, uno di quei geni maledetti nati apposta per essere amati oppure odiati, senza compromessi. Il Gay & Lesbian Festival, con la consueta intelligenza, lo omaggia con una retrospettiva di 20 titoli a lui dedicata.

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