"Dall'altra parte del mare", di Jean Sarto
Progetto sicuramente ambizioso ma che risulta schiavo di un’esibita autorialità soprattutto nel modo in cui mostra la genesi dello spettacolo, dove sembra di assistere a una rappresentazione profonda dell’arte e del suo rapporto con

Certamente Dall’altra parte del mare è un progetto ambizioso nel modo cerca di dare forma a ciò che è potenzialmente irrappresentabile: la tragedia della Shoah, il lacerato passato individuale. Al tempo stesso il film risulta schiavo di un’esibita autorialità, soprattutto nel modo in cui mostra la genesi dello spettacolo, dove sembra di assistere a una rappresentazione profonda dell’arte e del suo rapporto con la Storia. Le immagini della madre che va da Clara bambina e le comunica che il padre è andato via e non tornerà più, la scena delle prove, diventano l’esempio di un cinema che registra il teatro, nel quale però si sentono i meccanismi della finzione. Attori come Vitaliano Trevisan e Galatea Ranzi mettono in mostra la propria tecnica finendo per contaminare anche i sentimenti dei loro personaggi e ciò è evidente nei dialoghi tra la donna e il padre che ha ritrovato dopo molti anni. Il percorso di Jean Sarto è apparso proprio il contrario di quello intrapreso da Martone oltre 10 anni fa con Teatro di guerra; lì si sentiva la materia fisica del palcoscenico e i battiti del cuore degli attori, qui soltanto i meccanismi strutturali di personaggi che prendono forma da una scrittura già elaborata che li vorrebbe far vivere autonomamente ma da l’impressione di non riuscirci per niente.
Regia: Jean Sarto
Interpreti: Galatea Ranzi, Vitaliano Trevisan, Gordana De Santis, Fulvio Falzarano, Viviana Di Bert, Alessandra Battisti
Distribuzione: Caro Film
Durata: 80'
Origine: Italia, 2009