Dampyr, di Riccardo Chemello

Testardo nel ricalcare tonalità fantasy spesso nella loro resa poco brillanti, ma la prima opera del BCU affronta con destrezza gli schemi del cinecomic senza snaturare il proprio background.

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Eroi? Criminali? Anime dannate? Effettivamente chi sono i protagonisti della vasta opera di Sergio Bonelli? Figure prede delle più disparate contraddizioni dell’essere, ultimi testimoni di mondi e strutture in perpetua corrosione e figli di una delle elaborazioni letterarie più appassionate sulla natura dell’uomo mai così adottate nell’editoria italiana. E non c’è da  stupirsi se dopo anni di attesa e disillusioni, dove Dylan Dog- Il film è un mistificatore al quale è ancora difficile concedergli il perdono, anche un universo così colmo di sfumature e vertiginosi vissuti come quello di Bonelli finalmente abbia deciso di testare su portali ed universi precedentemente poco collaudati i propri lavori. Molto probabilmente perchè il cinecomic è sempre più matrice di connessione dell’infinita trasversalità produttiva e mediatica (dove anche il polveroso Black Adam riesce ad unire linguaggi tra loro assai differenti) facendo sì che il progredimento dei piccoli cosmi del cinema pop che lo compongono possano donare ulteriori cifre stilistiche ad una questione come questa che sta divenendo col tempo sempre più contorta. E l’origin story di Dampyr forse è il pretesto ideale per settare le basi di quella che sembra essere uno degli avvenire più stimolanti per il futuro del cinema nostrano. Un dannato che vive la paura come un vero e proprio sentimento, dove per tutta la lunga e fortunata serie creata da Mauro Boselli e Maurizio Colombo ci si domanda se i poteri che risiedono in Harlan, figlio di un vampiro e scopertosi con l’aiuto del comandante Emil una minaccia per i maestri della notte, siano il frutto di un volere benevolo o semplicemente sono una delle tante mostruosità evocate dalla sua terra pregna di terrore e superstizione.

Chemello, alla sua prima regia, non fa altro che stringere un patto di estrema fedeltà con la materia fumettista, facendo di Dampyr un interessante rilettura quasi in chiave vintage del cinecomic degli albori. Quasi a voler creare una dimensione altra per trovare il proprio spazio di trattazione, in antitesi per esempio con il mashup di generi dei Manetti con Diabolik, sicuramente più inclini a ragionare sui diversi stadi e varianti del proprio immaginario cinematografico. Ma il mondo costruito da Chemello invece è morbosamente legato alle sue sporche regole, ai codici cardine della concezione bonelliana. Luoghi che emanano sprazzi di larga suggestione, circoscritti in tempi e situazioni che facilmente collidono con le radici dell’opera stessa, facendo delle sue gotiche e decadenti ricostruzioni il simbolo di una guerra silenziosa condotta su più campi. Infatti ciò che rende Dampyr un prodotto dalla larga veduta è questo voler navigare con destrezza nei meccanismi del cinecomic, evitando di subire passivamente il devastante impatto con l’enorme bagaglio d’immagini che si trascina appresso. Come se l’idea principale fosse quella di preservare a tutti i costi l’anima e lo spirito della casa editrice. E Chemello ci riesce in buona parte, giocando molto con il dualismo dei suoi eroi(?) e con le loro più profonde debolezze, spesso però intestardendosi nell’ inseguire un certo tipo di austerità tipica del più radicale dei fantasy. Molte volte inciampa nel seminare all’interno dell’opera tonalità dalle venature prettamente epiche, concepite come un passo cospicuo verso gli echi dei grandi prodotti internazionali come il recentissimo House of the Dragon, ma con il risultato di ottenere una resa visiva non sempre brillante, anzi quasi in controcorrente rispetto all’impianto sicuramente molto più grezzo e pulsante apportato dal film. Dampyr è un esordio che va oltre ogni più rosea aspettativa, primo tassello di  un nuovo universo che in futuro ci potrebbe riservare delle gran belle sorprese.

 

Regia: Riccardo Chemello
Interpreti: Wade Briggs, Stuart Martin, Frida Gustavsson, Sebastian Croft, Luke Roberts, David Morrisey, Radu Andrei Micu, Ionut Grama
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 109′
Origine: Italia, 2022

 

 

 

 

 

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
3.75 (8 voti)
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