"Daredevil", di Mark Steven Johnson

Mark Steven Johnson dimostra in ogni singola sequenza di non aver capito il personaggio del suo film, o forse di non essere realmente interessato a lui e alla sua storia

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Di fronte a un film deludente come Daredevil non ci si può esimere dall'imbastire un confronto con la ben più degna serie a fumetti ispiratrice, creata dallo sceneggiatore Stan Lee e dal disegnatore Bill Everett nel 1964 e che, sotto la "rivoluzionaria" gestione di Frank Miller, nel corso degli anni Ottanta, ha saputo proporre alcuni tra i picchi qualitativi dell'intero genere supereroistico.

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Tra i personaggi della Marvel – già di per sé più tridimensionali e realistici rispetto a quelli della DC Comics come il classico Superman – Daredevil, in Italia noto semplicemente come Devil, s'è sempre distinto per i toni più adulti e maturi delle storie, per la scansione raffinata delle inquadrature e per la ricercatezza dei rimandi testuali (dalla cupa disperazione del noir di scuola "hard boiled" agli elementi tipici della cultura orientale, dal rapporto lacerante del protagonista con la fede cattolica alla sua capacità di andare oltre il dato sensibile della visione, nel suo caso assente). Per questo, un personaggio tanto complesso come Devil avrebbe meritato ben altra trasposizione cinematografica e un minimo di coerenza e rispetto in più, da parte del regista e sceneggiatore Mark Steven Johnson, nei confronti del suo universo valoriale e interiore, tra l'altro estremamente codificato in quanto profondamente seriale.


Sarò anche un ingenuo o un inguaribile romantico, ma vedere Devil che, dopo appena una decina di minuti di film, uccide un criminale, facendolo letteralmente a pezzi, equivale a veder andare a puttane quasi quarant'anni di evoluzione di un carattere problematicamente etico e mediamente più interessante e ben delineato di molti altri pedoni disposti, negli anni, sullo scacchiere supereroistico della Marvel Comics; nemmeno che si stesse assistendo alle becere (dis)avventure di un "Walker Texas Ranger" qualsiasi. A differenza di quanto ha saputo fare Sam Raimi con Spider-Man – innestando le sue ossessioni tematiche su quelle presenti nel fumetto, ma soprattutto cogliendo in pieno lo spirito profondo e le motivazioni ultime dell'Uomo Ragno, ben al di là delle innovazioni inserite nella trama per renderla più cinematografica – il Mark Steven Johnson di Daredevil dimostra in ogni singola sequenza di non aver capito il personaggio del suo film, o forse di non essere realmente interessato a lui e alla sua storia (anche se, ovviamente, Raimi e Johnson sono cineasti appartenenti a categorie imparagonabili tra di loro).


Allo stesso modo, sentire Devil pronunciare ripetutamente frasi come "Io sono dalla parte del bene" – seppure con sfumature di significato un po' diverse, alla fine rispetto all'inizio – fa tornare alla mente soltanto i deliranti interventi di Bush junior a proposito delle teorie di guerra preventiva e rappresenta l'ennesimo segnale mediatico di quanto gli Stati Uniti siano cambiati dopo lo shock dell'undici settembre 2001, macabro "Point of No Return" della recente storia americana. Ed è nulla più che un controsenso il fatto che, per veicolare un'ideologia così reazionaria, sia stato scelto proprio il personaggio più eversivo e sofferto della casa editrice dei "Supereroi con superproblemi", quello costantemente in oscillazione tra luce della redenzione e tenebra della dannazione, quello irrimediabilmente scisso tra la sua vita notturna da giustiziere mascherato e l'esistenza diurna da avvocato rispettoso delle regole del diritto (nazionale e internazionale), quello che più di tutti gli altri sa persino diventare tutt'uno con l'ambiente circostante (e vivere in autentica simbiosi con la "sua" metropoli, New York, della quale è in grado di percepire il battito vitale grazie ai quattro sensi acuiti in modo soprannaturale e allo speciale "radar") nonostante non riesca a vederlo in quanto privato della vista a causa di un incidente.


Sì, perché Devil / Matt Murdock è cieco: rarissimo caso di supereroe handicappato, "reietto" nel suo stesso fisico prim'ancora che per la provenienza geografica (poiché è originario del malfamato quartiere newyorkese di Hell's Kitchen). Ma il "vero" Devil non assomiglia nemmeno lontanamente alla sua versione di celluloide: pallido e inespressivo zombie interpretato da un Ben Affleck che non c'entra davvero nulla col personaggio e col suo universo di riferimento. E le disastrose scelte di casting trovano ulteriori conferme anche nello spreco che si fa del Kingpin di Michael Clarke Duncan e nell'inesistente aderenza al personaggio del giornalista Ben Urich da parte di Joe Pantoliano. Tra gli interpreti si distingue positivamente, anzitutto per la prepotente fisicità e la selvaggia presenza scenica, la Elektra che gode delle fattezze di Jennifer Garner. Divertente e divertito, poi, appare anche Colin Farrell nel ruolo del killer infallibile Bullseye.


La regia di Mark Steven Johnson, infine, è niente più che corretta e privilegia furbescamente tutti quegli elementi capaci di attirare il pubblico dei ragazzini: dallo spiccato sex-appeal dei due protagonisti maschile e femminile alle coreografie "modaiole" dei combattimenti in stile Matrix (ormai tutte uguali, dopo l'enorme successo del prototipo, a sua volta di derivazione hongkonghese), dal decòr "dark" ma non troppo disturbante alla colonna sonora a base di pop-rock da Hit Parade (ma ci sono strizzate d'occhio e furberie assortite rivolte anche ai fan più maturi della serie a fumetti: basti pensare ai tanti "Inside Jokes" con i nomi dei principali autori del fumetto – Frank Miller, Stan Lee, John Romita, Joe Quesada, Kevin Smith – coincidenti con quelli di personaggi minori del film).


Così, se l'exploit qualitativo dello Spider-Man di Sam Raimi aveva fatto sperare in una nuova stagione per quel che riguarda le trasposizioni cinematografiche dai fumetti Marvel, questo Daredevil fa registrare un considerevole passo indietro, fino ai tempi dell'anonimo Spawn. La lezione di Spider-Man – e prim'ancora dei due Batman burtoniani – dice che il personaggio di carta deve essere portato sul grande schermo da un autore sensibile e consapevole, linguisticamente e moralmente, che sia in grado di rinnovarlo rispettandone lo spirito. E, in tal senso, lascia ben sperare l'annunciato The Hulk diretto da Ang Lee e in uscita nei prossimi mesi.


 


 


Titolo originale: Daredevil
Regia: Mark Steven Johnson
Sceneggiatura: Mark Steven Johnson dal fumetto della Marvel
Fotografia: Ericson Core
Montaggio: Eyde Belasco, Donna Isaacson
Musica: Alex Band, Graeme Revell
Scenografia: Barry Chusid
Costumi: James Acheson
Interpreti: Ben Affleck (Matt Murdock/Daredevil), Jennifer Garner (Elektra Natchios), Colin Farrell (Bullseye), Michael Clarke Duncan (The Kingpin/Wilson Fisk), Jon Favreau (Franklin Nelson), Scott Terra (Matt Murdock giovane), Ellen Pompeo (Karen Page), Joe Pantoliano (Ben Urich), Leland Orser (Wesley), Lennie Loftin (Manolis)
Produzione: Avi Arad, Gary Foster, Arnon Milchan per Twentieth Century Fox/Horseshoe Bay Productions/Marvel Entertainment/New Regency Pictures/Regency Enterprises
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 103'
Origine: Usa, 2003


 

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