Dark Crimes, di Alexandros Avranas
Tratto da un articolo del New Yorker, Dark Crimes rielabora una vicenda reale allontanandosi dal noir ma guardando alla metafora sulla situazione politica della Polonia
Tadek, “l’ultimo poliziotto onesto di tutta la Polonia” come lo scherniscono i suoi superiori, è ormai un emarginato, uno sconfitto. Pesa troppo la colpa di essersi scontrato con il viscido nuovo capo della polizia che, ovviamente, si è vendicato rilegandolo in ufficio, a un pedante lavoro d’archivio. Esiliato tra scartoffie e vecchi rapporti, il detective si imbatte però in un caso particolare, una morte misteriosa troppo frettolosamente liquidata come un incidente (un uomo è stato ripescato incaprettato dal fiume, un gioco sadomaso finito male?). Il suo istinto lo porta a volgere lo sguardo sul famoso scrittore-provocatore Kozlov che, nella sua ultima opera, racconta un omicidio molto, troppo, simile a quello su cui sta indagando. La riapertura del caso, come spesso accade in queste storie sbagliate, metterà Tadek di fronte alla putrescenza del Sistema, minandone certezze e obiettivi.
Tratto dall’articolo del New Yorker True Crime: A postmodern murder mystery, Dark Crimes rielabora in chiave nerissima la vicenda di Krystian Bala, intellettuale polacco accusato di aver celato in un suo romanzo la confessione di un omicidio da lui commesso, per trasformarla in qualcosa che va oltre il semplice noir. Dirottando il focus della storia dall’autore (ingiustamente?) accusato sul detective che lo “perseguita” il film, infatti, lascia da parte la banale quest investigativa per diventare una metafora appariscente sulla deriva morale della Polonia. Avranos, già abituato con il fortunato Miss Violence al simbolismo politico, vuole raccontare un Paese ancora schiacciato da un passato opprimente, il ricordo di un regime che pur archiviato influenza ogni decisione politica o morale, e tuttora terrorizzato sulla strada da prendere per il proprio futuro. E’ cronaca recente i grandi conflitti che attraversano le istituzioni polacche, tra un governo ultra-conservatore e antieuropeista e i ceti più progressisti. Questa piccola guerra civile fredda è il fuoco narrativo che brucia sottotraccia nel film, influenzandone i dialoghi, i colori, le scene.
Tadek, interpretato da un sofferto Jim Carrey, è la rappresentazione di questo conflitto. Uomo onesto ma ossessionato, scisso tra il senso di rivalsa egoista e la sete di giustizia, diviso tra il desiderio di cambiare e la rabbia del rancore verso i nemici di sempre, il detective trasforma il suo cold case in una crociata contro la sua Nazione ( e contro se stesso) rimanendo immischiato in un orrore da cui è impossibile liberarsi. L’idea di affidare questo personaggio spezzato a Carrey apre un’infinita deriva di suggestioni e intuizioni, specie dopo la visione del fondamentale Jim & Andy. Il comedian canadese, infatti, mette nel suo personaggio una dose talmente personale di dolore e di tristezza che la sua prova va ben oltre il semplice tentativo drama del comico alla ricerca di seconde occasioni autoriali. Il problema capitale di Dark Crimes è, quindi, l’incapacità di Avranos nel seguire le traiettorie indicate dal suo protagonista. Interessato solo a crogiolarsi nel grottesco fine a se stesso, nel sesso putrido come simbolo di un degrado morale, nelle sue glaciali scorciatoie narrative, il regista greco si lascia sfuggire il cuore etico della vicenda. Se di per sé è già straniante vedere una storia così visceralmente polacca interpretata dai volti arcinoti (e validi) di Carrey o di Gainsbourg (come sarebbe stato Miss Violence se fosse stato interpretato da attori americani?), rimanere in balia dei vezzi autoriali di Avranos diventa,alla fine, un limite impossibile da superare.
Titolo originale: id.
Interpreti: Jim Carrey, Charlotte Gainsbourg, Marton Csokas, Kati Outinen, Vlad Ivanov, Agata Kulesza, Robert Wieckiewicz
Regia: Alexandros Avranas
Origine: Gran Bretagna, Polonia, USA, 2016
Durata: 92′
Distribuzione: 102 Distribution