DAVID DI DONATELLO – Quando il voto non è più segreto

Sul sito dei David di Donatello è apparso il resoconto completo dei voti che hanno portato alla vittoria di Anime nere. Che questo gesto di trasparenza sia una risposta a certi dissidi interni?

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Il 1° luglio scorso sul sito ufficiale dei David di Donatello è apparso il resoconto completo dei voti che hanno portato il 12 giugno alla vittoria – inaspettata – di Anime nere. Una piccola novità che ha destato la nostra attenzione e che in un modo o nell’altro rappresenta un precedente interessante attraverso cui vedere gli orientamenti di gusto e i rapporti di forza all’interno di un’istituzione che più volte ha suscitato polemiche e dichiarazioni velenose tra gli addetti ai lavori.

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Se infatti nelle nostre orecchie risuonano ancora le parole di fuoco dette da Michele Placido nell’anno del trionfo de Il caimano su Romanzo criminale – “Basta con i sacerdoti di Nanni”, tuonò il turbolento attore e regista – le ultime dichiarazioni di Gabriele Muccino su twitter non sono state certo da meno e rappresentano semmai  il capitolo finale di una lunga polemica attorno a una manifestazione, il cui interesse sembra sempre più elitario. “E’ stato bello ieri sera alla premiazione dei #David ritrovarsi a casa!! Ma certo sembrava volassero più coltelli che in una macelleria” aveva scritto sul social il regista de L’ultimo bacio. E chissà che questo clima di tensione non abbia portato nel corso delle settimane successive alla necessità di uscire allo scoperto con un segnale forte, quale appunto quello di rendere noto il numero dei votanti che hanno incoronato il film di Munzi.

Sono stati proprio alcuni giurati ad averci raccontato di aver ricevuto a fine giugno una newsletter in cui si rendeva nota l’imminente pubblicazione dei voti – una novità assoluta rispetto al passato! – ma anche di certi malumori che il presidente Gianluigi Rondi avrebbe espresso riguardo al generale livello di competenza della giuria.

Che allora questo gesto di trasparenza sia in realtà una risposta a certi dissidi interni? Non è che l’estesa vittoria di Munzi (nove riconoscimenti) ha dato fastidio a qualcuno? Le nostre sono supposizioni, certo, ma la sensazione è che in queste settimane qualcosa sia successo nella macchina David e che in generale dietro a questo riconoscimento ci siano giochi di potere e manovre di controllo ancora poco chiare.

resoconto voti David Donatello

Ma analizziamo le scelte dei 1.013 votanti. Sicuramente la prima considerazione riguarda gli “sconfitti”: nonostante i cinque riconoscimenti andati a Il giovane favoloso di Mario Martone – secondo film per numero di premi vinti – chi non ha avuto molta fortuna è senza dubbio Mia madre di Nanni Moretti, arrivato dietro a Munzi in quasi tutte le categorie importanti. Anime nere ha vinto il premio come miglior film con uno scarto di 69 voti (311 contro i 242 del film di Moretti), mentre il suo regista Francesco Munzi con 297 segnalazioni ha vinto con un margine ancora più ampio su Moretti (199) e Mario Martone (195). In generale il consenso maggiore è andato a Giulia Lazzarini nella categoria della miglior attrice non protagonista con 393 preferenze. Il premio al miglior regista esordiente è stato quello in cui si è consumata una vera e propria battaglia all’ultimo voto: Edoardo Falcone con Se Dio vuole ha avuto la meglio su Vergine giurata di Laura Bispuri, presentato in concorso all’ultima Berlinale, con un margine di appena 18 voti.

Senza dubbio ci aspettavamo qualcosa in più dai giurati nella categoria per il miglior film straniero, che di fatto ha replicato l’ottusità dell’Academy Award nel preferire Birdman (383 voti) ad American Sniper, Boyhood e al bellissimo Il sale della terra. In ultimo, a distanza di alcune settimane, ci piace evidenziare il premio come documentario a uno dei film italiani migliori degli ultimi anni: Belluscone. Una storia siciliana. C’è però un dato inquietante che riguarda questo premio e lo stato di attenzione da parte degli addetti ai lavori nei confronti della scena documentaristica italiana. Ci preoccupano in particolare le 130 (!) schede bianche e i tanti voti (177) andati a Quando c’era Berlinguer di Walter Veltroni.

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