"Diario del saccheggio", di Fernando Solanas

È un resoconto preziosissimo questo del cineasta argentino, sdegnato ma mai retorico. E di questo documentario restano momenti di dolore 'privato' come quello del funerale di un bambino o l'immagine di un neonato denutrito. La macchina da presa attraversa i luoghi ma va soprattutto sui volti delle vittime, con una complicità totalmente autentica.

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"Il popolo non se ne va…". E' un ritornello insistente, rabbioso, che entra potentemente dentro la colonna sonora quello che caratterizza la protesta dei cittadini argentini in piazza il 20 dicembre del 2001 dopo le promesse mancate e il crollo del governo De La Rua. Diario del saccheggio (2004) che costituisce assieme a La dignità degli ultimi (presentato a Venezia nel 2005) una parte della trilogia che Solanas sta dedicando alla storia politica dell'Argentina, parte infatti proprio da qui, con immagini delle persone che sbattono pentole e coperti come segno di protesta per un paese sull'orlo del collasso, con disoccupazione alle stelle, fuga di capitali e banche che bloccano depositi.

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Successivamente il documentario si articola in dieci punti attraverso le quali c'è un'indagine storica, sociale, economico, politica del proprio paese facendo risalire l'origine della crisi al 1824, data di inizio del debito nazionale. Si attraversano così gli anni della dittatura, passando poi per il governo Alfonsin, primo Presidente della nuova Argentina che si dimise prima della fine del suo mandato fino all'avvento del 1989 di Menem, colui che ha tradito più di tutti il popolo, illudendolo prima e derubandolo poi. Le cifre del documentario di Solanas su questa 'fase storica' sono impietose. Privatizzazioni delle compagnie del petrolio e del gas innanzitutto, ma anche di quelle telefoniche, ferroviarie, stradali, aeronautiche. Tasso di disoccupazione dall'11 al 20%. 60% del reddito nazionale è delle classi benestanti che rappresentano solo il 10% della popolazione. Oltre alle statistiche, i dati, i riferimenti al modo in cui l'Argentina si sia venduta agli altri paesi (soprattutto il rapporto con gli Stati Uniti), Diario del saccheggio procede anche per forti contrasti: Menem e i suoi uomini che diventano star televisive da una parte; alcuni cittadini che vivono in zone completamente abbandonate con terreni allagata dall'altra. Inoltre il cineasta entra nei luoghi della corruzione, nelle stanze del potere, attraversa esternamente gli edifici delle banche. È un resoconto preziosissimo questo di Solanas – come del resto lo era L'ora dei forni realizzato nel 1968 assieme a Octavio Genino che in qualche modo aveva profetizzato quella povertà che poi ha colpito il paese – sdegnato ma mai retorico. Del resto il documentario è proprio il genere dove il cinema di Solanas ha quell'efficacia e quella forza che invece tende a disperdere in quella struttura grottesco-poetica dei film di finzione, come per esempio in La nube (1998). E di questo documentario restano soprattutto momenti di dolore 'privato' come quello del funerale di un bambino o l'immagine di un neonato denutrito. La macchina da presa attraversa i luoghi ma va soprattutto sui volti delle vittime, con una complicità totalmente autentica.


 


Titolo originale: Memoria del saqueo


Regia: Fernando Solanas


Distribuzione: Fandango


Durata: 120'


Origine: Argentina, 2004

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