Disney cambia i suoi programmi su diversità e inclusività

L’azienda che negli ultimi anni si è fatta promotrice di politically correct e “wokismo” ha deciso di cambiare rotta drasticamente, riallineandosi alle nuove tendenze


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Quando avvengono grandi cambiamenti sociali e politici, anche le aziende cambiano di conseguenza. Di tutte le aziende del mondo dell’intrattenimento, storicamente, Disney è una delle più esposta a tutto questo. Abbiamo ben compreso la loro politica aziendale e la loro forte presa di posizione riguardante le minoranze negli ultimi anni. Questo e altro ha portato a film, apprezzati o meno, che hanno posto l’attenzione a casting che presentassero tali minoranze, nonché una comunicazione estremamente politically correct. Ma proprio in questi istanti, tutto sta cambiando. Dal nuovo insediamento di Donald Trump per il suo secondo mandato, anche Disney sta riequilibrando le sue vedute.

A cominciare dal banner che compare all’inizio di alcuni vecchi film come Dumbo o Le Avventure di Peter Pan. Se prima quel testo annunciava direttamente la presenza di raffigurazioni negative di alcune culture o etnie, adesso il testo recita “questo programma è presentato come originariamente creato, potrebbe contenere stereotipi o rappresentazioni negative”. Un cambiamento nella comunicazione diretta con lo spettatore, ovvio risultato di un cambiamento nelle logiche interne dell’azienda. In particolare, del programma DEI (diversity, equity, inclusion) di Disney, volto ad una strategia di mercato che seguisse questi valori. Una nuova visione di questi sono stati annunciati da una nota inviata a tutti i dipendenti del capo delle risorse umane di Disney, Sonia Coleman.

Ma a dire la verità, è dal ritorno di Bob Iger come CEO di Disney che la musica sta cambiando. Al meeting annuale del 2023 diceva “La nostra missione deve essere intrattenere, e attraverso l’intrattenimento continuare ad avere un impatto positivo sul mondo”. L’obbiettivo è tornare ai vecchi valori, ad una Disney volta alla realizzazione di film di successo e meno attenta all’inclusività a tutti i costi. Esattamente come tutte le grandi aziende, Disney negli ultimi anni ha solo seguito un trend. Notando che gran parte del pubblico, in particolare quello giovane, apprezzava e chiedeva storie e rappresentazioni con una certa attenzione all’inclusività, ha agito di conseguenza. Ora è pronta a tornare indietro, perché il trend, soprattutto negli USA, si è invertito.

Resta da chiedersi quanto sarà radicale questo cambiamento. È facile però immaginarsi produzioni che non prevedano per forza delle minoranze, oltre ad una comunicazione più imparziale per accontentare ogni tipo di pubblico. Cosa certa è che la parola “woke” non farà più parte del vocabolario sulle scrivanie Disney per un po’, sempre che la tendenza non cambi ancora.


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