DIVERGENTI 2012 – Diventare liquidi. Melting Away, Russulella, Orchids – My Intersex Adventures, James Dean, Lei è mio marito, A fior di pelle

DIVERGENTI 2012: Melting Away, Russulella, Orchids – My Intersex Adventures, In un corpo differenteUn fumetto, tre documentari, un corto, due working progress indipendenti. La presenza (o l'assenza) di una famiglia (di origine o di elezione). E un lungo: Melting Away, il cui titolo è già un manifesto: dissolversi, diventare liquidi: essere pronti ad assecondare la trasformazione nel flusso della vita. Ma non solo. Il tema transgender è cruciale anche perché lascia affiorare quello del tempo, dello scorrere dei giorni, del cambiare forma verso un'altra, anche verso un'altra età, come nel fragile presente di Russulella. Il senso della nostra esperienza in questo mondo

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DIVERGENTI 2012: Melting Away, Russulella, Orchids – My Intersex Adventures, In un corpo differenteLa famiglia è una bella cosa, se c'è. Ma meglio ancora se non c'è” sorride Giò Stajano in Il "fico" del regime, film del '92 di Giovanni Minerba (direttore del Torino GLBT Film Festival) e Ottavio Mai, che ripercorre la storia del nipotino del braccio destro del Duce che vanta il primato di aver inondato di "pipì d'angelo" il Duce in persona, poi artista, scrittore (Roma Capovolta), attore (tra gli altri, per Fellini: il suo bagno notturno in una fontana ispirò, pare, quello cinematografico di Anita Ekberg) tra i primi giovani uomini nel nostro paese a fare coming out, poi donna nella seconda parte della sua vita.

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Il giorno precedente la protagonista del Festival è stata Romina Cecconi, figura chiave per la ricostruzione di un immaginario storico, sociale, esistenziale dal quale le figure al confine tra i generi e i sessi sono state criminalizzate, negate oppure relegate a parodia e macchietta. Alla "Romanina", tra le prime trans in Italia, dopo il documentario del 1978 C'era una volta un ragazzo, oggi è dedicato il graphic novel In un corpo differente di Fabio Sera, presentato per la prima volta alla presenza della protagonista. Il fumetto racconta la vita vertiginosa della Romanina, dal circo al carcere al confino: nel '65, 12 anni anni prima della legge 164, chi osava cambiare sesso era considerato un criminale pericoloso per la società. Gli aneddoti di questa bella signora, oggi settantenne, prima in Italia a cambiare sesso, sono di per sé un fumetto, una canzone, un film: dallo spiare un Charlie Chaplin ormai anziano e malato nelle mura della sua villa, all'incontro con principi e star, al leggendario arrivo della femme fatale, prima Romano, ora Romina, capelli platino, stivali di pitone e pelliccia di volpe, che piomba dal “continente” in un paesino pugliese, in un profondo meridione da commedia, tra avventori del bar che restano sbigottiti con le carte e i bicchieri in mano al suo ingresso come in un western, corriere che si inerpicano per stradine, galline, maiali, appuntati e sindaci nel panico e arcigne vedove nerovestite.

Il rapporto di Romano/Romina con sua madre non è stato facile; eppure a finanziare l'intervento, allora pericoloso e di per sé un'incognita da tutti i punti di vista, è stata lei, vedova, povera, con i risparmi di tutta una vita di lavapiatti e domestica: “mi ha dato la vita una seconda volta”. La commozione si stempera nelle risate, visto che la Romanina è una creatura genuinamente cinematografica, nel suo cocciuto sense of humor che affiora in ogni dramma; ci sono persone che attraversano la vita come stelle di se stesse, del proprio film. Eppure, si va via con un groppo in gola… “Ci sono state persone che mi hanno aperto le porte, altre che le hanno chiuse” dice con semplicità la Romanina.

DIVERGENTI 2012 - Russulella, documentario di Margherita PescettiLa rivoluzione del proprio corpo non passa sempre dalla famiglia: eppure famiglie di origine, nuove, inventate, di passaggio, possono dirsi solo quelle che stringono la loro protezione, il loro calore e la loro empatia intorno ai nostri corpi che a volte diventano campi di battaglia. Eppure un luogo di possibile felicità.
Un fil rouge, la famiglia, che continua ad attraversare la storia di chi si mette in cerca dell'identità più vicina al suo sentire; di più, un nodo gordiano, perché, che si tratti di padri e madri, o amici che diventano famiglia, coloro che negli anni intrecciano i loro percorsi con i nostri rappresentano forse lo scopo irrinunciabile della vita stessa: entrare in contatto con gli altri. Come nell'indonesiano Lovely Man, un altro dei film più interessanti del festival.

Ho combattuto con mio padre per 30 anni. Ma gli ho sempre detto: sei tu che mi hai fatto così” dice Russulella, uno degli ultimi femminielli di Napoli. Anche nel documentario di Margherita Pescetti (giovane filmaker e antropologa: non è un caso, visto che il fenomeno napoletano viene studiato come microcultura unica al mondo, anche per la straordinaria coesistenza tra religiosità e apertura al diverso) c'è una famiglia, in qualche modo composita e non tradizionale intorno al vecchio Alberto: quella dei Quartieri, anche perché al di là della tradizione e del folklore, a Napoli il femminiello viene sentito come una diversità che si accetta con totale naturalezza (come si racconta anche in questo video, estratto di un progetto mai portato a termine di un altro ospite di Divergenti, Sebastiano d'Ayala Valva, nella scorsa edizione con il bellissimo Ángel).
Malinconico, poetico, commovente e privo di compiacimento nel seguire uno degli ultimi anni di Russulella – la dolorosa difficoltà con cui si cambia d'abito, i passi al rallentatore, la grana della vecchia pelle, gli occhi mobili, la sua dignità e la sua dolcezza a volte burbera – Russulella è ciò che dovrebbe essere ogni documentario: uno spaccato di vita in cui la regista scompare umilmente lasciando tutto lo spazio alla realtà che filma, non si affanna a inseguire il colpo di scena, e per questo riesce a cogliere la complessità di un'intera esistenza nelll'ordinarietà di una vita fatta soprattutto di ricordi. Il film si può vedere online sulla piattaforma OntheDocks.

DIVERGENTI 2012: Orchids – My Intersex Adventures, documentario di Phoebe HartLa famiglia è anche il destinatario ultimo della pagina di diario scritta da Phoebe Hart, che in Orchids – My Intersex Adventures affronta un tema di cui si parla ancora poco (ma affrontato da un bel film di qualche anno fa, XXY di Lucía Puenzo) l'intersessualità come condizione “invisibile e quasi mitica”, occultata, stigmatizzata e patologizzata dalla scienza medica in primo luogo e spesso di conseguenza da familiari confusi e impreparati.

Phoebe si mette in viaggio lungo diverse località dell'Australia, insieme alla sorella, con la quale condivide quella che viene definita (AIS) sindrome di insensibilità agli androgeni: una delle tante circostanze per cui alcuni neonati presentano cromosomi e/o organi riproduttivi ibridi.
Il film, amatoriale ma volenteroso, forse insiste troppo sull'autobiografia della protagonista, finendo per diventare poco più che un filmino di famiglia (ma appunto) più che un documentario. Ha comunque il merito, che gli è valso il primo premio del pubblico di Divergenti, di far riflettere sulla necessità di un confronto tra le esperienze reali di più persone e di mettere in discussione l'approccio più comune di fronte ai casi di intersessualità scoperta in giovanissima età: il mancato dialogo da parte dei genitori non dipende tanto dalla loro incapacità di accettare i figli, quanto dall'approccio a quella che viene sentita subito come una patologia: complici l'assegnazione forzosa di un genere (maschile o femminile) e relative pratiche chirurgiche, anche estremamente invasive, che non sempre rispettano l'evoluzione futura della persona, ma che vengono imposte a causa di una società che etichetta la coesistenza di maschile e femminile nello stesso corpo come freak o errore della natura: proprio ciò che in natura è un episodio perfettamente possibile e concepibile.

Nel 2009 al Tel Aviv LGBT Youth Center vengono brutalmente uccisi un ventiseienne e una diciassettenne, mentre almeno altre quindici persone, in gran parte minori, vengono ferite. Si tratta di una spedizione punitiva contro la comunità lgbt israeliana. Il regista israeliano Doron Eran e il suo compagno, lo sceneggiatore Billi Ben Moshe, dedicano questo Melting Away – vincitore del secondo premio del pubblico di Divergenti – alle vittime dell'attentato e raccontano di essere stati turbati dalle reazioni di alcuni genitori dei sopravvissuti, che si sono rifiutati di visitare i loro figli in ospedale. Scrivono e realizzano così un film intenso, con uno sguardo partecipato, concentrato, intenso, che dà spazio e respiro al punto di vista di ciascuno senza giudizio, senza rancore, senza facili risposte, incollato ai volti, alle lacrime e ai sorrisi dei protagonisti lasciando che a parlare siano spesso solo i loro sguardi, nonostante i dialoghi convincenti e realistici.

DIVERGENTI 2012: Melting Away, di Doron EranUn padre rigido e autoritario, Shlomo (Ami Weinberg) trova nella stanza del figlio diciassettenne Assaf degli abiti femminili. Distrugge i suoi quadri e una notte lo lascia fuori di casa, convinto che sia una lezione di vita necessaria a "guarire" la sua perversione, con la connivenza della moglie Gallia (Limor Goldstein). L'unico esito per la coppia sarà quello di perdere il figlio, che scompare. Quattro anni dopo, il caso e il tempo hanno colpito forte Shlomo, al quale restano poche settimane di vita a causa di un cancro. Gallia assume un investigatore privato per rintracciare Assaf, che nel frattempo si è trasformato in Anna e si esibisce in un club (la meravigliosa Hen Yanni, la cui interpretazione misurata e sfuggente, la bellezza struggente e misteriosa, la malinconia sul palco nella sua versione ipnotica di Danny Boy di Elvis Presley ricordano subito il fascino di Jaye Davidson che interpreta The Crying Game ne La Moglie del Soldato di Neil Jordan). Anna resterà accanto al padre fino alla fine, ma nelle vesti di un'anonima infermiera, riuscendo a farsi amare ancora al di là della linea del sangue.

Il cuore più prezioso di Melting Away sta in questo: le misteriose coordinate dell'amore, fragili, sbagliate, irrazionali, si intrecciano in molteplici forme e occasioni diverse: se al centro della storia c'è Assaf-Anna, il film segue con rispetto anche l'affetto impermeabile agli anni che perdura tra Shlomo e Gallia, e che durante la malattia dell'uomo diventa ancora più tenero, la relazione tra due ragazzi, amici di Anna, e il rapporto di uno dei due con la madre, che accetta spontaneamente la sua felicità. Anche le figure meno empatiche e più asserragliate nei propri pregiudizi, come quella del fratello di Shlomo – un macho che sembra uscito fuori dritto dritto da una fiction italiana, anzi, purtroppo, da un bar qualsiasi di una qualsiasi città italiana – che prima corteggia Anna, poi la aggredisce brutalmente quando comprende che si tratta del nipote Assaf, vengono proposte in tutta la loro umanità.

Doron Eran, con l'aiuto di ottimi attori, si muove con circospezione in un universo di cristallo dove tutto cade in pezzi, ma il suo sguardo è pronto a cogliere gli impercettibili rewind in cui i pezzi in frantumi si ricompongono in altri disegni, altre latitudini amorose. Sceglie un titolo che è un manifesto: Melting Away, dissolversi, diventare liquidi: essere pronti ad assecondare la trasformazione nel flusso della vita. Ma non solo. Il tema transgender è cruciale anche perché riporta l'attenzione su questa verità: la trasformazione continua, che appartiene all'ordine della vita umana anche per chi non sceglie di cambiare sesso: ed ecco che assieme al tema di chi ci tiene per mano, affiora sempre il tema del mutamento, del tempo, dello scorrere dei giorni, del cambiare forma, cosa che ci riguarda comunque, anche, necessariamente, verso un'età di fragilità e di malattia. Del senso della nostra esperienza fisica in questo mondo, là dove nel corpo si esprime anche la spiritualità: non occorre separarle. Sono tutt'uno.

In James Dean (visibile per intero qui) simpatico corto di Lucy Elliott il passaggio stavolta è dal femminile verso il maschile: Alex decide di affermare la propria identità ispirandosi al bad boy per eccellenza proprio alla vigilia di una riunione familiare. Le reazioni dei suoi genitori non saranno del tutto scontate.

 DIVERGENTI 2012 - A fior di pelle, di Margherita Ferri, Ester Luppi e Elisa VignandoInfine, la famiglia e l'impatto della propria rivendicazione sul mondo esterno affiorano anche nei work in progress, due documentari indipendenti. A Divergenti 2012 sono state proiettate due piccole anteprime, particolarmente significative nell'ottica di un festival che si dia anche come laboratorio e luogo di creazione, oltre che di distribuzione e circolazione di opere già terminate; work in progress che si stanno costruendo negli anni sulle modulazioni delle vite delle protagoniste.

Nei 5 minuti di Lei è mio marito, di Annamaria Gallone e Gloria Aura Bortolini, indoviniamo solo una piccola parte della rivoluzione esistenziale, fisica e spirituale di Alessandra Gracis, avvocato brillante che sulla soglia dei cinquant' anni si afferma come donna (ciò che sentiva fin dall'età di sette) facendo i conti con le persone a lei care e con un mondo professionale finora abituato a vederla nei panni di uomo (un po' come nel film a breve a Cannes, Laurence Anyways di Xavier Dolan). Eppure pochi minuti, in cui fa capolino la voce ieratica e immortale di Christa Päffgen, in arte Nico, sono sufficienti: come nell'illuminante dichiarazione di amore per le foto, che “conservano una testimonianza di ciò che senti di essere, che sembra evaporare ogni volta che ti strucchi”.

Nei 10 minuti di A fior di pelle (progetto selezionato al premio Solinas, che le le giovani Margherita Ferri, Ester Luppi e Elisa Vignando intendono portare avanti attraverso il crowdfunding) assaggiamo tra Bologna, Londra e Parigi alcuni momenti del faticoso viaggio di Artemide, da ragazzo a ragazza, e di Benny/Oscar, che fa della passione artistica un mezzo per portare avanti una ricerca sui generi e la messa in discussione della propria identità. È complesso e ricco il divenire delle vite di ciascuno, e c'è una complementarità dei percorsi di chi si riappropria di una precisa identità che sente sua, e altrettanto di chi sperimenta più modi di stare al mondo con il proprio corpo e/o con la propria sessualità. Incompiuto è bello. Non siamo progetti chiusi da terminare e archiviare. Incompiuto è ciò che è ancora possibile.

 

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    6 commenti

    • ma quanto c..zo finisce sto pezzo?

    • bè, a mettere una fine alle cose ci pensa il Tristo Mietitore, come ben sanno i Monty Python: http://www.youtube.com/watch?v=8FxYSCmuAkE

    • pubblicatelo su un megaschermo, forse riusciamo a finirlo di leggere sto pezzo

    • già, e che ne dici di mettere anche un asino parlante, le veline e le vuvuzelas a fianco del megaschermo così è più di intrattenimento? il pezzo l'avresti finito, nel tempo che hai utilizzato per partorire questi due utili commenti. e poi "ricordati che devi morire" 😀 http://www.youtube.com/watch?v=AI96e1vGvpk

    • Certo tutti dobbiamo morire. Se morivo senza leggere quest'articolo ero più contento

    • mario_cavaradossi

      Si, pubblicatelo su un megaschermo. O proiettatelo su un libro. "I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo" (Wittgenstein).E il linguaggio, caro Peppino, si coltiva anche leggendo pezzi lunghi, non solo gli articoletti sulla gazzettadellosport.Non leggo spesso Sentieri per mancanza di tempo, ma quando lo faccio, è sempre un piacere. Complimenti all'autore, non capita tutti i giorni di leggere saggi così ben strutturati. Unica critica al sito: manca – evidentemente – un filtro per i commenti.