(doc) "Left by the Ship", di Emma Rossi Landi e Alberto Vendemmiati

Left by the Ship
Fuori dagli schemi del classico documentario a sfondo didattico in questo Left by the Ship si avverte una forte tensione verso il narrativo, verso la costruzione filmica, verso il film. E i due giovani registi Emma Rossi Landi e Alberto Vendemmiati trapiantano la loro non comune sensibilità registica in terra filippina

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Left by the Ship

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Dal viaggio in nave al viaggio in internet, dallo sfruttamento coloniale alla costruzione di un futuro, dalle ferite della Storia sino ai “primi piani” di piccole storie. E ci troviamo di nuovo a parlare di identità: di cinema come lente bifocale (al confine tra spettacolo e realtà) per far luce sui rimossi che strozzano ancora il nostro presente. Partiamo dalla Storia quindi: nel 1992 viene chiusa la più grande base militare americana al di fuori degli Stati Uniti – quella di Subic Bay nelle Filippine, un vecchio villaggio di pescatori trasformato ben presto in un enorme bordello a cielo aperto per il divertimento dei soldati – lasciando in eredità una vera e propria generazione figlia di due mondi. Nascono i cosiddetti Amerasian, figli di padri americani e madri filippine (spesso prostitute), prontamente abbandonati al loro destino di solitudine. «Forse ti ricordi di noi Amerasian, siamo cresciuti e siamo ancora qui!»  dice Robert rivolto idealmente al suo padre/fantasma, con la rabbia viva da novello giornalista che sarà la nostra guida in questo viaggio nell’ignoto. Ma a chi rivolgersi per avere una voce? Rimane solo il cinema sembra di capire…ed ecco che due giovani registi italiani, Emma Rossi Landi e Alberto Vendemmiati, trapiantano la loro non comune sensibilità registica in terra filippina: scendono dalla “barca” dell’Occidente per filmare un (in)visibile e dimenticato stupro perpetrato ad un Paese. Il divenire lento ed inesorabile di questo prezioso documentario struttura una sorta di ragnatela di immagini e percorsi circolari puntati tutti verso un fuoco comune: sconfiggere il destino di infelicità inscritto nei geni – di figli non voluti dai padri occidentali e mal tollerati dai cattolici filippini perché frutto di immoralità – semplicemente attraverso la caparbia ricerca di un "riconoscimento". «Non voglio niente da te, tranne che tu sappia che io esisto!».

Partendo dal liquido della stagione delle piogge (tantissime ed insistite le inquadrature fluide su gocce di pioggia, lacrime, mare) il film prende l’avvio intelligentemente dalle altrettanto liquide frontiere internettiane: dalle tracce/gocce dei padri da rintracciare nell’altro capo del mondo. La tastiera del PC, Google e i telefonini diventano quindi l’interfaccia principale per ricercare una vera identità: tematica di urgentissima ed universale attualità. E tuttavia non veniamo invasi da una voiceLeft by the Ship over insistente o scolasticamente illuminante; non c’è la fastidiosa fretta di sbrogliare la matassa di un fenomeno complesso; non ci sono nemmeno denunce palesi o urlate. Quello che resta è solo la potente volontà di far conoscere questo fenomeno: di “inquadrarlo”. Ecco che le vite dei tre giovani protagonisti  J.R. (nato nel 1987), Charlene (1990)  e Margarita (1995), vengono pedinate e racchiuse in piccoli gesti, sguardi e parole sussurrate che disegnano esistenze dolorosamente sradicate: terribile e struggente l’esodo forzato verso la periferia più remota delle Filippine della famiglia di J.R., alla ricerca di un luogo dove essere finalmente accettati. Fuori dagli schemi del classico documentario a sfondo didattico quindi, in questo Left by the Ship si avverte una forte tensione verso il narrativo, verso la costruzione filmica, verso il film. E la bellissima sequenza finale, scandita da un montaggio alternato che fonde i percorsi di vita dei tre ragazzi “schiacciandosi” sul primo piano dei loro volti, mette chiaramente in risalto la natura prettamente cinematografica di questa operazione. Un approccio che palesa quindi la sua essenza intimamente e non solo superficialmente "politica": perché per sottrarsi all’infelicità bisogna provare a costruire un’identità privata e collettiva nel contempo. Ed è proprio questo che tentano di fare in ogni inquadratura i due registi: ridare dignità e visibilità ad un importante pezzo di Storia recente attraverso il mezzo più fruibile ed aggregante del secolo. Il cinema appunto.  

  

 

IL TRAILER

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    3 commenti

    • che bella recensione

    • Potete vedere LEFT BY THE SHIP a Roma, al Kino in Via Perugia il 9 Marzo h.21 e h.23 il 13 Marzo h.18.00 e a Bergamo, al Bergamo Film Meeting
      il 16 Marzo alle 17.30

    • Mercoledi 30 Novembre h.21, ingresso gratuito alla casa del cinema a Roma e poi in replica venerdi, sabato e domenica