(doc) "Quasi niente è cambiato", di Elena Russo

Elena Russo coglie il cambiamento attraverso due linee che s'intrecciano. Da una parte, c'è il racconto nostalgico, il tornare indietro nel tempo per capire cosa sia San Berillo al giorno d'oggi. Alle voci nostalgiche si legano, poi, quelle più sommesse o più amareggiate di coloro che il quartiere lo abitano ancora oggi. È da questo legame e da questo confronto obbligato tra passato e presente che scaturisce l'altra linea, quella della denuncia sociale

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Quasi niente è cambiatoUn viaggio in treno che rappresenta un ritorno alle proprie radici e alla propria terra. Ma, al tempo stesso, quel viaggio in treno è una sorta di macchina del tempo, un andare a ritroso per recuperare nella memoria un ricordo sbiadito, ma ancora ben presente nelle emozioni e nei sentimenti, facendolo di nuovo rivivere per essere tramandato a una nuova generazione come una tradizione. È il viaggio di un vecchio e di una giovane che insieme, per mano, tornano nei luoghi che quella memoria ancora abita.

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Arrivati alla stazione di Catania, il primo quartiere che s'incontra è quello di San Berillo, il vero protagonista di questo Quasi niente è cambiato. Una volta luogo di divertimenti popolari, dal cinema al teatro dei pupi, dalle canzoni dialettali al cibo più tipico, ma soprattutto groviglio di vicoletti dove si trovavano case chiuse e prostitute che vivevano pacificamente con il resto della comunità. Ora, però, San Berillo è cambiato. Non più luogo di divertimenti e tradizioni, il quartiere è stato lasciato al degrado dopo il fallimento del progetto di riqualificazione edilizia partito negli anni '50, il cui risultato è stato l'abbattimento di case e luoghi simbolo per fare spazio al largo Corso Sicilia, viale che avrebbe dovuto rivaleggiare con l'urbanistica del nord.

Elena Russo coglie il cambiamento attraverso due linee che s'intrecciano. Da una parte, c'è il racconto nostalgico, il tornare indietro nel tempo per capire cosa sia San Berillo al giorno d'oggi. Attraverso testimonianze di professori, scrittori e abitanti, insieme a immagini di repertorio e vecchie foto in bianco e nero, si tenta di ricostruire la memoria storica di questo luogo, un posto di “vicessitudini dei corpi”, di ricordi sensuali, raccontato da Addamo così come da Goliarda Sapienza. Ma sono soprattutto i ricordi d'infanzia, la curiosità che si accompagna alla pubertà così come la memoria legata a persone care che ci permettono di ricostruire una mappa del quartiere. A queste voci nostalgiche si legano, poi, quelle più sommesse o più amareggiate di coloro che il quartiere lo abitano ancora oggi. Le immagini ci mostrano strade in cui il tempo sembra essersi fermato, ma in realtà tutto è cambiato. È da questo legame e da questo confronto obbligato tra passato e presente che scaturisce l'altra linea, quella della denuncia sociale. Un tono che non diventa mai polemico, ma che si limita a mostrare i fatti, più convincenti di qualsiasi invettiva, anzi accompagnandosi a una certa rassegnazione da parte di coloro che hanno vissuto il trauma dello sdradicamento delle proprie radici, privati di quella che chiamavano casa, con la quale i palazzoni del nuovo quartiere non possono competere. Degrado e miseria aleggiano tra quei vicoli, una desolazione quasi insormontabile. Ma, come dimostrano le ultime immagini di repertorio, alla distruzione si accompagna sempre una rinascita. Forse San Berillo non sarà più quella che un tempo è stata, ma la sua forza è ancora lì, in coloro che vi sono nati e vi abitano.

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