Doc/it chiede alla Rai maggiore tutela ed investimenti sui documentari

L’Associazione Documentaristi Italiani sta avanzando una richiesta affinché nel decreto del governo in merito alla concessione del servizio pubblico alla RAI sia tutelato il genere del documentario

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Sono ore queste in cui la commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI sta per definire il parere sullo schema di decreto del governo in merito alla concessione del servizio pubblico. Si stanno quindi definendo i compiti della RAI per i prossimi 10 anni, tra cui i doveri essenziali verso la produzione indipendente. Infatti se questo è uno dei punti centrali nei regolamenti di tutte le televisioni pubbliche europee, in Italia la questione è sempre rimasta ambigua o quanto meno poco tutelata. E’ almeno quello che hanno sottolineato gli esponenti di Doc/it, l’Associazione Documentaristi Italiani riconosciuta in Italia ed all’estero come l’ente di rappresentanza ufficiale dei produttori e degli autori del documentario italiano. In una nota relativa all’audizione in Commissione parlamentare del 22 Marzo, resa pubblica dall’ente, si legge come non solo la RAI non stia investendo in questi anni nella produzione di documentari come le corrispettive agenzie europee, ma non stia rispettando neanche gli obblighi previsti dall’art. 44 del TUSMAR che prevede che il 15% dei ricavi complessivi da abbonamenti e pubblicità venga investito in opere europee, e una sotto-quota del 20% riservata alle opere di espressione originale italiana. Proprio su questo punto l’AGICOM ha in corso un procedimento contro RAI e Mediaset che però sembra non aver portato nessun risultato per le casse del documentario indipendente e soprattutto non ha fatto in modo di rendere pubblici i dati sul rispetto delle quote. L’unico ente che in questi anni si sia adoperato ad una promozione della produzione del genere pare essere stato RAI CINEMA che ha riconosciuto come veri e propri film prodotti documentaristici come Sacro GRA e Fuocoammare di Gianfranco Rosi su cui ha investito nella loro produzione.

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Accanto a questo però non si prevede di annettere all’interno del palinsesto della RAI un canale interamente dedicato al genere, come invece è stato fatto con il compartimento fiction. Quello che si vuole sottolineare, portando ad esempio nel comunicato ufficiale altri paesi come la Gran Bretagna dove per ogni sterlina investita sul documentario ne tornano indietro tre, è che il documentario potenzialmente potrebbe essere il genere cinematografico con cui un paese potrebbe più ricavare a livello economico ed di prestigio internazionale. Pertanto la richiesta dell’aggiunta di due clausole all’interno dell’articolo 3 dell’attuale Convenzione dovrebbe mirare a prevedere l’obbligo per la concessionaria del servizio pubblico di adoperarsi per garantire al Produttore Indipendente Italiano condizioni economiche e contrattuali che lo mettano in grado di poter competere con i propri corrispondenti stranieri ed accedere ai finanziamenti europei su di un piano di sostanziale parità. Questa per ora rimane solo una richiesta che verrà discussa nella commissione prima dell’approvazione definitiva del testo.

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