DOCUSFERA #1 – Incontro con Massimo D’Anolfi e Martina Parenti

I due registi hanno parlato di che cosa sia il documentario oggi e di cosa questo significhi all’interno della loro carriera nella masterclass che ha seguito la proiezione del film Il Castello

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Coppia nell’arte e nella vita, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti sono fra i più prolifici e imprescindibili documentaristi nel panorama contemporaneo. Nel loro incontro con Sentieri Selvaggi per la rassegna DOCUSFERA, realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo – Ministero della Cultura e della regione Lazio, si sono raccontati, parlando sia nello specifico del loro film Il Castello sia dello sviluppo del genere documentaristico in Italia nel corso della loro carriera.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Il Castello rappresenta per certi versi un film spartiacque nella loro produzione: “Dopo I promessi sposi e Grandi Speranze abbiamo capito che volevamo spostare il baricentro del nostro sguardo verso qualcosa di più poetico“, D’Anolfi ha spiegato come sia proprio il primo film in cui la loro attenzione si è mossa verso un certo approccio alla materia. Il film, del 2011, è stato seguito poi, fra gli altri, da Materia Oscura, Spira Mirabilis e Guerra e Pace.

Più avanti nell’incontro i due hanno ampliato questo discorso. “Lo snodo cruciale, cioè il passaggio da Grandi Speranze a Il Castello, in Spira Mirabilis ha trovato il suo apice. Il cercare una narrazione per immagini facendo anche a meno della parola ci ha fatto incontrare il cinema delle origini, quello dei pionieri del cinema. I Promessi sposi è un film subordinato alla parola, la nostra evoluzione è consistita proprio nel progressivo abbandono della parola a vantaggio dell’immagine. In Guerra e Pace abbiamo invece provato a rimettere insieme i due aspetti.”

Il Castello è stato montato per come è stato girato: inverno, primavera, estate e autunno. È un film molto quadrato con dentro altre quattro scatole molto quadrate” ha spiegato Martina Parenti, “Per certi versi è anche un po’ tradizionale, però ha incrociato l’idea di farsi metafora dello spirito del presente. Forse ha acchiappato il momento giusto per raccontare la follia, l’ossessione della sicurezza.”

Riguardo alle tematiche del documentario e alle problematiche di realizzazione, D’Anolfi ha risposto: “Un aeroporto è formato da stanziali e persone di passaggio. Malpensa in quel periodo lì aveva circa 4/5000 abitanti stanziali e 15/20.000 persone di transito. Si tratta quindi di un film fatto di incontri, a volte fugaci, a volte intensi. Problemi nella realizzazione non ne abbiamo mai avuti, ma di incontri e di storie da raccontare sì, tanti.”

L’approccio al montaggio della coppia è molto chiaro: premontare durante le riprese. Tecnica usata anche nel Castello dove, nell’arco di tempo di un mese, ai 15 giorni di girato hanno fatto seguito giorni in cui il girato è stato ricontrollato ed è stato ipotizzato un montaggio. “Per lo meno si inizia a selezionare quello che non serve” ha aggiunto Martina alle parole di Massimo. La tecnica è ripresa da Bresson, il quale la applicava però quando ancora si girava in pellicola. “Lui girava dal lunedì al sabato mattina e con il montatore si guardava i giornalieri il sabato pomeriggio e iniziava ad impostare il montaggio. Con questo metodo noi ci troviamo molto bene e lo utilizziamo dal periodo dei Promessi Sposiha concluso D’Anolfi.

Parlando poi del documentario indipendente in generale, si è discusso di come questi prodotti arrivino al pubblico. “La distribuzione tradizionale non si adatta a questo genere di opere, perché tutto è legato a questioni economiche” spiega Martina Parenti. “Questi sono film fragili dal punto di vista economico. Con meno denaro, meno possibilità. Le piattaforme invece contribuiscono sicuramente ad una vita più lunga di questi film. Ma poi sono anche i mediatori culturali che fanno la differenza: le rassegne, i festival, i consigli di un professore universitario. Quindi non si tratta del “botto”, ma si tratta del lavoro sul lungo termine. Probabilmente questi documentari invecchiano anche poco, meno di altri” scherza infine.

La regista continua poi raccontando la vera e propria poetica che anima il loro cinema: “Cerchiamo di fare film che raccontino del cinema usando uno sfondo reale e delle pratiche documentaristiche. È come se in ogni film ci sia un omaggio al mestiere del cinema. In Guerra e pace un omaggio al mondo degli archivisti, in Spira Mirabilis a quello delle immagini.” 

Alla base di tutto il loro lavoro, i due cineasti sembrerebbero esprimere il desiderio di sperimentare il linguaggio. “C’è una pretesa di restituire l’invisibile, di far avanzare il racconto attraverso il fuoricampo. Gli strumenti di chi fa cinema sono come quelli di un musicista, sono sempre quelli, ciò che fa la differenza è il saperli usare” secondo D’Anolfi. Martina Parenti ha aggiunto: “Inevitabilmente il documentario ha più possibilità perché è stato praticato meno. Fare un film di fiction per Netflix avrà tanti paletti che difficilmente si potrà sperimentare davvero. Anche fosse soltanto per questo motivo il documentario ha più possibilità di espressione.”

“Il cinema ha a che fare con il mistero e in questo senso è compagno della poesia. Se non avesse il mistero sarebbe informazione. L’informazione può avere a che fare con le immagini, ma non è ovviamente cinema. Il lavoro che facciamo va sicuramente in quella direzione. Ci si muove però con difficoltà, al buio. Chiediamo ai nostri spettatori di essere attivi. Chi guarda il nostro cinema deve aver voglia di fare un viaggio” è l’appello che Massimo D’Anolfi rivolge a chi guarda i loro prodotti poco prima di definire una “catastrofe” la questione distributiva. Se a livello produttivo, così come a quello critico, per il documentario le cose negli ultimi anni sono sicuramente migliorate, la distribuzione è ancora un elemento problematico. “Noi puntiamo a diventare come Wiseman, a fare i nostri film migliori dopo i 50 anni” scherza Martina, augurandosi un mondo dove magari nasceranno realtà cinematografiche e sale dedicate esclusivamente a poetiche come la loro.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array