Dog Man, di Peter Hastings
Secondo film dall’universo narrativo di Capitan Mutanda creato da Dav Pilkey. Puntando tutto su una visione attiva, parla a tutte le fasce d’età riuscendoci parecchio bene.

Tratto dall’omonima graphic novel, Dog Man segna la seconda collaborazione tra Peter Hastings e Dav Pilkey (anche sceneggiatore) dopo Le epiche avventure di Capitan Mutand;, serie prodotta da DreamWorks e distribuita su Netflix dal 2018 al 2020. Il film è di fatto uno spin-off della serie di libri illustrati creati da Pilkey, che torna a raccontare l’universo da lui creato dopo Capitan Mutanda – Il film del 2017. Al centro della storia c’è Greg, fidato cane-agente di un non così brillante poliziotto che infatti nell’incipit, a causa di un grave incidente, arriva a fondersi con il suo amato cane attraverso una strampalata operazione chirurgica. Ecco quindi la nascita di Dog Man, un super cane-agente, abilissimo nel kung-fu, perspicace nel risolvere i crimini che si guadagna l’ammirazione dell’opinione pubblica quando dà la caccia al vilain felino Gino.
Nella sua veste grafica visibilmente curata, che strizza l’occhio al fumetto belga e ad un’animazione tangibilmente particolareggiata, Dog Man prova a parlare a tutte le fasce d’età riuscendoci parecchio bene. I momenti comici sono infatti leggibili su più piani, riuscendo a creare un coinvolgimento ampio nello spettatore coi suoi giochi di rimandi a degli schemi quasi meta cinematografici: l’audio del microfono della giornalista che simula la presa diretta del suono in maniera curiosa creando quindi gag comiche azzeccate o le scritte onomatopeiche che costantemente ci ricordano la natura di Dog Man sono solo alcuni degli shifters (o attivatori) che ci riportano, senza troppe forzature, alla natura leggera e funzionale del mondo che stiamo attraversando.
La natura slapstick fondativa del fumetto creato da Dav Pilkey torna ad aderire pienamente nel film di Peter Hastings, riuscendo a non cadere mai nella banalità di una visione passiva con una costruzione coerente degli elementi, dei personaggi e degli ambienti. Basti pensare alla continua “ridondanza” della fisicità di tutti gli elementi che compongono la città, o degli oggetti che, seppur facenti parte di un mondo immaginario, vogliono indurre il pubblico (specialmente il più giovane) a non abbandonare mai il filo del discorso, tirando le fila della continuità in maniera lucida e mai banale. Se il problema del contesto è infatti uno dei nodi più problematici del presente, laddove il deficit dell’attenzione sta consumando le fasce più giovani della società contemporanea, Dog Man è utilissimo nel cercare di spingere verso una continuità narrativa e tematica che a tutti gli effetti sfida la disattenzione e l’abbandono alla distrazione. Il merito maggiore è proprio questo: nel marasma di prodotti audiovisivi nel quale siamo immersi, riesce a offrire uno spunto per un recupero del focus, dell’attenzione. Questo è un film piccolo (anche considerando la durata, di 89 minuti) che però sa tracciare dei parallelismi significativi, rievocando momenti di leggerezza e concentrazione proprio come quelli di una lettura appassionata di un fumetto, riuscendo infine ad agire sui livelli di immersione e coinvolgimento in maniera notevole.
Titolo originale: id
Regia: Peter Hasting
Voci: Peter Hastings, Isla Fisher, Stephen Root, Ricky Gervais, Billy Boyd, Poppy Liu, Pete Davidson, Lil Rel Howery, Luenell
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 89′
Origine: USA, 2025