Don Backy attore (non) per caso…

Alla sala Trevi il 4 giugno

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Don Backy attore (non) per caso alla sala Trevi (vicolo del Puttarello 25) il 4 giugno.

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Molti cantanti negli anni '60 si sono avvicinati al cinema limitandosi a lavorare nei musicarelli. Il cantautore toscano Don Backy (Aldo Caponi), forse perché aveva un viso fascinoso e un vero talento d'interprete (basta vederlo nella parte del sanguinario “Bisturi” in Cani arrabbiati per convincersene), è andato oltre creandosi una buona carriera parallela. Dal 1963 al 1975, ha recitato in una ventina di film. Nella sua filmografia si trovano tra altri, oltre all’immancabile musicarello L’immensità (1967) di Oscar De Fina, ispirato alla sua canzone più conosciuta, I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini (1967, con Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciola e Carla Gravina), Banditi a Milano (1967, sempre con Volontè) e Barbagia (1969, con Terence Hill) di Carlo Lizzani, Satyricon (1968, con Ugo Tognazzi di Gian Luigi Polidoro), Quella chiara notte d’ottobre (1970) di Massimo Franciosa, E venne il giorno dei limoni neri (1970, con Florinda
Bolkan) di Camillo Buzzoni, Una cavalla tutta nuda (1971, con Barbara Bouchet) di Franco Rossetti, Poppea una prostituta al servizio dell’impero di Alfonso Brescia e Cani arrabbiati (1974, con Cucciola e Luigi Montefiori) di Mario Bava. L’omaggio “Don Backy attore (non) per caso” vuole sottolineare l’eccezionalità del suo caso. E' da rammaricarsi che non abbia interpretati anche western spaghetti per i quali avrebbe avuto la faccia giusta. Ma non si può chiedere troppo….

programma a cura di Gabrielle Lucantonio

giovedì 4 giugno

ore 17.00

Satyricon (1969)

Regia: Gian Luigi Polidoro; soggetto: dal libro omonimo di Petronio Arbitro; sceneggiatura: Rodolfo Sonego; fotografia: Benito Romano Frattari; musica: Carlo Rustichelli; montaggio: Giancarlo Cappelli; interpreti: Don Backy, Franco Fabrizi, Mario Carotenuto, Ugo Tognazzi, Tina Aumont, Graziella Granata; origine: Italia; produzione: Arco Film, Cineriz Distributori Associati; durata: 110’

Le disavventure picaresche di Encolpio e Ascilto ai tempi di Nerone. Senza soldi e senza scrupoli vagano per l’Impero, attratti dal miraggio di un’improbabile villeggiatura (!), ma il loro viaggio è costellato da una serie di incontri più o meno fortunati, che cambieranno il corso della loro vita: dalla schiava Gitone, della quale entrambi si invaghiranno, salvo sorprese, al filosofo Eumolpo, che alla sua morte brama di essere divorato dai suoi allievi, al ricco Trimalcione, che tiene banco in cene luculliane a base di eros e morte. I vizi capitali secondo gli antichi romani: una caduta vertiginosa negli istinti più bassi dell’animo umano e la perdita d’innocenza in una società che sta crollando sotto i colpi dell’amoralità. Film nato per sfruttare l’onda del successo preannunciato del Satyricon felliniano, riuscì a batterlo sul filo di lana, uscendo prima nelle sale, ma non gli arrise il successo e cadde nel dimenticatoio. Sorte
immeritata perché il film ben riproduce lo spirito del capolavoro di Petronio, coniugandolo con la propensione verso il basso del cinema commerciale, elevato però dalle straordinarie caratterizzazioni di Tognazzi (Trimalcione) e Carotenuto (Eumolpo), i quali riconducono l’intera operazione sui sentieri dell’arte (cinematografica). Don Backy è perfetto nella parte di Encolpio con la sua selvaggia vitalità, mentre Franco Fabrizi ritrova nei panni del furbo e fannullone Ascilto tratti di personaggi a lui cari.

Ingresso gratuito

ore 19.00

Banditi a Milano (1968)

Regia: Carlo Lizzani; soggetto: C. Lizzani; sceneggiatura: Massimo De Rita, Dino Maiuri, C. Lizzani; fotografia: Giuseppe Ruzzolini; musica: Riz Ortolani; montaggio: Franco Fraticelli; interpreti: Gian Maria Volonté, Tomas Milian, Margaret Lee, Don Backy, Ray Lovelock, Ezio Sancrotti; origine: Italia; produzione: Dino De Laurentiis Cinematografica; durata: 102’

La caduta della banda capitanata da Pietro Cavallero, che nella seconda metà degli anni Sessanta si rese protagonista di 17 rapine. «Banditi a Milano esordisce con un’analisi della nuova malavita milanese, impostata sul racket all’americana che controlla la prostituzione, il gioco, i locali notturni. È una panoramica frettolosa e discutibile, ma il film migliora sensibilmente quando si concentra sulla cronaca. Ne deriva un resoconto moderno e grintoso, passato alla scuola del buon giornalismo televisivo. Il merito maggiore di Carlo Lizzani è di rappresentare i fatti a botta calda senza intrusioni romanzesche o appesantimenti polemici. L’assunto è di ricostruire, a grandi linee, ciò che è accaduto: ed è una testimonianza concreta che offre l’occasione di meditare sul mondo in cui viviamo. Nella parte del capo esaltato e vanitoso, Gian Maria Volontè è bravissimo come sempre capita ai nostri attori quando possono tornare al dialetto
nativo. Tra i volti che circondano il protagonista ricordiamo Don Backy, un buon acquisto per il cinema, l’ottima Laura Solari e il musicista Giorgio Gaslini in veste di biscazziere» (Kezich).

ore 21.00

Incontro moderato da Gabrielle Lucantonio con Don Backy, Lamberto Bava, Fabrizio Cerqua, Marco Giusti, Carlo Lizzani

a seguire

Cani arrabbiati (1974)

Regia: Mario Bava; soggetto e sceneggiatura: Alessandro Parenzo, Cesare Frugoni da un racconto di Ellery Queen; fotografia: M. Bava; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Carlo Reali; interpreti: Riccardo Cucciolla, Maurice Poli, George Eastman [Luigi Montefiori], Don Backy, Lea Lander [Lea Krüger]; origine: Italia; produzione: Loyola Films; durata: 95’

«Spesso sui gialli Mondadori apparivano queste storie con alla fine un completo ribaltamento di prospettiva, che lui amava molto. Tra questi, trovò un piccolo racconto e ne trasse la sceneggiatura. Era un film che si sviluppava in tempo reale, nel senso che l’ora e mezzo del film era un’ora e mezza delle avventure dei personaggi. Raccontava la storia di una rapina in banca andata male, per cui i banditi in fuga prendevano un ostaggio, fermando a casa una macchina in strada. L’ostaggio era interpretato da Riccardo Cucciolla, che aveva con sé un bambino. Durante il viaggio con i banditi ne succedono di tutti i colori ma poi, proprio in coda al film, si arriva ad una soluzione incredibile e sorprendente» (Lamberto Bava). «L’ossessione del coltello fu una mia invenzione. Mi divertivo a fare degli scherzi a Luigi Montefiori quando eravamo in macchina. Gli feci credere che da ragazzo mi avevano scartato dal servizio militare per un problema
neurologico e che ero stato ricoverato all’ospedale Sangallo di Firenze, nella sezione dei “partiti di cervello”. Quando lui era seduto al mio fianco, mi facevo prendere dai raptus, armeggiando con il coltello. Montefiori allora andava da Bava e gli diceva: “Mario, questo qua è mezzo matto! Levamelo di torno!”. Il clima goliardico aiutava la lavorazione del film, e anche la creazione dei personaggi: il personaggio di “Bisturi” è frutto di questa mia sedicente follia» (Don Backy).

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