"Doomsday" di Neil Marshall

doomsday1Marshall abbandona la perfezione asciutta del notevole The Descent, per sporcarsi le mani con un prodotto pieno zeppo di deviazioni spiazzanti e citazioni colte. Per quanto paradossale in un film che ha l’esplicita dimensione del B movie, Doomsday si rivela in realtà operazione estremamente intellettuale e pensata, figlia sia di una scrittura baracconesca, con interi segmenti che ricalcano un universo cinefilo semi-dimenticato, che di un’estetica mutevole e accelerata, costantemente in bilico tra l’economia sobria di un Carpenter anni ’80 e i deliri tonyscottiani degli action-videoclip anni ’90

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doomsday128 giorni dopo, Interceptor, 1997: fuga da New York, Romero, a tratti il James Cameron del primo Terminator e Aliens. Il terzo lungometraggio diretto da Neil Marshall (Dog Soldiers, The Descent) è un compendio di mitologie e immagini fanta-horror che ricoprono un ventennio di cinema e oltre. Un virus mortale si diffonde a Glasgow. Il Regno Unito risolve il problema innalzando un muro dove un tempo si ergeva il Vallo di Adriano, un muro che adesso divide i vivi e i morti. Quando, dopo una ventina d’anni, il ceppo torna a propagarsi, stavolta infestando Londra, il Governo decide di intervenire mandando una spedizione oltre il muro in cerca di superstiti che possano trovare un vaccino. I militari troveranno due civiltà in guerra tra loro: cannibali rockettari metropolitani e giustizieri a cavalli come i cavalieri di epoche passate.

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Vedere Doomsday è come fare un viaggio temporale senza macchina del tempo – che è poi quello che si verifica a tutti gli effetti sullo schermo dentro i molti film che fanno Doomsday. Marshall abbandona la perfezione asciutta del notevole The Descent, per sporcarsi le mani con un prodotto pieno zeppo di deviazioni spiazzanti e citazioni colte. Per quanto paradossale in un film che ha l’esplicita dimensione del Bdoomsday2 movie, Doomsday si rivela in realtà operazione estremamente intellettuale e pensata, figlia sia di una scrittura baracconesca, con interi segmenti che ricalcano un universo cinefilo semi-dimenticato, che di un’estetica mutevole e accelerata, costantemente in bilico tra l’economia sobria di un Carpenter anni ’80 e i deliri tonyscottiani degli action-videoclip anni ’90. Tra tanta promiscuità inclassificabile e martellante, non manca la potenza visiva di un mondo barbarico che riscopre il metallo e la carne macellata, né la consueta plasticità del corpo femminile (qui imposto dalla straordinaria Rhona Mitra) del quale il cinema di Neil Mashall sembra proprio non poter fare a meno. Così per quanto privo di originalità, il collage postmoderno “teorizzato” dal regista britannico, oltre ad abbracciare la dirompenza eterogenea di un cinema enciclopedico in opposizione alla marca stilistica del regista-autore, finisce col dire cose non banali sull’ambiguità storico-politica della Gran Bretagna di oggi e di ieri (sancita dalla opposizione spietata tra le metropoli “rivali” Glasgow/Londra) e l’endemica regressione distruttiva di ogni apparato sociale (alla corrotta vigilanza cinica dei padroni londinesi, fanno da contraltare la devianza punk della comunità scozzese superstite e la rigida austerità medievale del mondo ricreato da Marcus Kane). Tanti mondi in preda al delirio, diversi tra loro, colpiti dallo stesso male.

  

Titolo Originale: Doomsday

Regia: Neil Marshall

Interpreti: Rhona Mitra, Bob Hoskins, Malcolm McDowell, Adrian Lester, David O'Hara, Alexander Siddig, Jeremy Crutchley, Stephen Hughes, Cecil Carter, Caryn Peterson, Karl Thaning, Adeola Ariyo
Distribuzione: Medusa
Durata: 105'

Origine: UK, 2008

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