Doppio sospetto, di Olivier Masset-Depasse

Un thriller ambientato negli anni ’60 dietro il quale si rivela un dramma familiare sul senso di maternità, che annulla qualsiasi limite temporale. Vincitore di 9 premi Magritte

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C’era un tempo in cui Bette Davis per aver ucciso, cinematograficamente s’intende, il suo amante alla fine veniva ripagata con la stessa moneta perché l’adulterio e (men che meno) l’omicidio impunito non potevano essere accettati: il pubblico doveva distinguere chiaramente il bene dal male e veder trionfare, idealmente, la giustizia. In questo il cinema, a differenza della letteratura (che già allora aveva graziato la protagonista) si è dovuto riconquistare a fatica una libertà che accettasse anche le zone d’ombra della morale, laddove in esse si potesse scorgere almeno una fiammella o un barlume di giustificazione.

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Doppio sospetto a cominciare dal titolo (in originale Duelles) è tutto costruito su questa labile duplicità, prima estetica e, di riflesso, di intenti. Due case quasi identiche, due famiglie, due bambini della stessa età che vanno a scuola insieme. Una delle due madri sbircia dalla finestra – la tenda offusca lo sguardo; poi la macchina da presa inquadra le scarpe della donna seguendola verso l’esterno – ricorda il celebre inizio di un film di Hitchcock (l’ambientazione scelta dal regista, non a caso, è gli anni ’60). Il dramma si consuma poco dopo: il figlio di Céline (Anne Coesens) muore accidentalmente; Alice (Veerle Baetens) assiste alla scena e tenta invano di accorrere in aiuto del piccolo prima che sia troppo tardi. Da quel momento, Céline la riterrà responsabile dell’accaduto e la loro amicizia, e non solo, viene per sempre compromessa.

Olivier Masset-Depasse, che ha raccolto molti riconoscimenti in Belgio per questo film (vincendo nove premi Magritte), ha dichiarato di essersi ispirato al già citato Hitchcock, a Lynch ma anche a Sirk. E in effetti più che al thriller, che è lo spunto narrativo per far avanzare la storia – nemmeno troppo originale nelle dinamiche che propone –, è al dramma che bisogna arrivare per trovare il vero elemento spiazzante: quello che può far sbilanciare lo spettatore, verso l’accettazione o il rifiuto, o che può far sospendere il giudizio in attesa, forse, di un verdetto. Allo svelamento del mistero, del diabolico piano che si consuma impassibile davanti ai nostri occhi, corrisponde una riflessione ben più sottile sul senso di maternità, sulle forme estreme di egoismo che essa può generare, e su come queste possano trasformarsi in occasioni di rinascita. Perché Depasse alla fine scavalla (volutamente) le regole del genere, mettendo da parte qualsiasi logica che avrebbe reso convenzionale la storia, e ci consegna un finale ambiguo che provoca emozioni contrastanti. Coesens, che ha recitato nei lavori precedenti del regista con cui condivide anche un matrimonio, interpreta bene questa complessità attraverso un personaggio che incarna una follia razionale, che fa leva su uno degli istinti più forti per una donna e ne fa veicolo di distruzione e al tempo stesso di preservazione, dalla solitudine e dal dolore, annullando ogni limite temporale che ha qui un effetto di circostanza puramente affettivo.

Titolo originale: Duelles
Regia: Olivier Masset-Depasse
Interpreti: Veerle Baetens, Anne Coesens, Mehdi Nebbou, Arieh Worthalter, Jules Lefebvre, Luan Adam
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 97’
Origine: Francia, Belgio 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
1.67 (3 voti)
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