"Double Vision", di Chen Kuo-Fu

In un'umidissima e politicamente rovente Taipei, credenze mistiche millenarie e high-tech sono il surplus per una classica storia hollywoodiana. Il serial killer semina morte e raccoglie superstizioni: i fantasmi non sembrano meno reali del progresso scientifico.

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Visioni che raddoppiano, si sovrappongono, si frantumano. Diplopia in cui la percezione simultanea è di due immagini di uno stesso oggetto. Non è strabismo, una deviazione dal punto di fissazione, ma un distacco del sovrannaturale dal pragmatismo. Due agenti a confronto: uno della polizia locale, depresso e marchiato come traditore, l'altro dell'FBI, un esperto nel campo degli omicidi seriali. Il detective Huang Huo-Tu (il famoso Tony Leung Ka Fai) è un altro "scarto" della sceneggiatura, un altro punto di distacco rispetto ai thriller tipicamente americani. È stato messo da parte dai suoi colleghi perchè ha avuto il coraggio o la debolezza di denunciare la corruzione nel suo dipartimento. L'individualismo spesso va a cozzare con il senso di lealtà verso il Paese e la comunità e quindi è visto come una forma di tradimento. Ha agito senza pensare agli altri.       

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 Due Paesi, diplomaticamente amici, si confrontano e scontrano per risolvere il caso. Il ritrovamento di un oscuro diagramma taoista sembra la chiave del mistero. È una formula per l'immortalità e per raggiungerla bisogna attraversare cinque prove, cinque gironi infernali e quindi commettere cinque omicidi. In un'umidissima e politicamente rovente Taipei, credenze mistiche e millenarie e high-tech sono il surplus per una classica storia hollywoodiana. Il serial killer semina morte e raccoglie superstizioni: i fantasmi non sembrano meno reali del progresso scientifico. Questa volta l'assassino uccide per un movente ben preciso ma sfugge comunque ad ogni deduzione investigativa.


Il più famoso e acclamato regista di Taiwan (ha diretto film come The Personals) questa volta si tira fuori dalle piccole storie eleganti basate sullo studio dell'intimità dei personaggi, soprattutto delle donne, e si cimenta con un progetto sicuramente più ambizioso e complesso. Gli spiriti invadono e pervadono il nostro mondo. I movimenti "interni" dei personaggi si combinano con il tema visivo dominante del film: tutto è come nella vita reale, ma con pochi colori estranianti. Se l'ambiente intorno al detective Huo-Tu è cromaticamente opprimente, quello dove si presenta il "maligno" esalta il caos dominante. Dissintonia dappertutto: il mondo fisico procede a ritmo dilaniante, il sudore segna i corpi. Mentre le allucinazioni dilagano in una serrata e frenetica velocità di ripresa. La profondità di campo immerge lo sguardo in una sensazione non di suspense ma in un perenne vacillare tra materia e spirito. 


 




Titolo originale: Shuang Tong


Regia: Chen Kuo-Fu


Sceneggiatura: Su Chao Bin, Chen Kuo-Fu


Fotografia: Arthur Wong


Montaggio: Wei De-Sheng, Chen Kuo-Fu


Musiche: Lee Sin-Yun


Scenografia: Tim Yip, Silver Cheung, Ringo Fung, Eddie Wong


Costumi: Angelo Castilho, Tim Yip


Interpreti: Tony Leung Ka Fai (Huang Huo-Tu), David Morse (Kevin Richter), Rene Liu (Ching-Fang), Leon Dai (Li Feng-Bo), Yang Kwei-Mei (coroner)


Produzione: Columbia Pictures Film Production Asia, Nan Fang Film Productions


Distribuzione: Columbia TriStar Italia


Durata: 110'


Origine: Hong Kong/Taiwan, 2002

 

 

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