Dove la terra trema, di Wash Westmoreland
Westmoreland devia progressivamente dalla vocazione mystery del film per esplorare la profondità soffocate dove la Lucy di Alicia Vikander ha tentato di confinare i suoi demoni interiori. Su Netflix
Tokyo, 1989. Lucy Sky, che tutti pensano chiamarsi come il cielo, anche se, nel suo sguardo, si scorgono le profondità insondabili delle tenebre, ha smesso le movenze occidentali per inseguire, in terra nipponica, la possibilità di una “seconda chance”. Lucy indossa l’apparente ordine geometrico giapponese, in cerca di un equilibrio che possa salvarla dall’orizzonte di morte che, da sempre, si porta sulle spalle. Fino all’incontro con il Teiji di Naoki Kobayashi, fotografo che filtra il suo rapporto con il mondo attraverso le lenti del suo obiettivo, e a una relazione sentimentale che, presto, si trasforma, con l’ingresso in scena dell’esuberante Lily Bridges, interpretata da Riley Keough, in un morbosa triangolazione amorosa, dai contorni pericolosamente instabili.
A partire dall’omonimo romanzo dall’andamento inquietante di Susanna Jones, Wash Westmoreland si immerge nelle pieghe nascoste di un thriller malato e cupo, che richiama apertamente le atmosfere torbide del periodo d’oro del genere, come sottolinea la citazione in apertura di Black Rain, omaggio a Ridley Scott, che figura anche in veste di produttore del film. Targato Netflix, Dove la terra trema è un racconto straniato e straniante, come la colonna sonora firmata da Atticus Ross, tutto giocato sullo sfasamento percettivo di Lucy e sulla sovrapposizione di diversi piani temporali. L’interrogatorio alla stazione di polizia della protagonista, da cui prende le mosse la narrazione, da espediente per mettere in moto un discorso di genere, si trasforma ben presto in una finestra aperta sulle ombre che il passato continua a proiettare sul presente. Westmoreland devia progressivamente dalla vocazione murder mystery del film, per esplorare, invece, quelle profondità soffocate dove Lucy ha tentato di confinare i suoi demoni interiori. Alla domanda “chi ha ucciso Lily Bridges?” si sovrappone allora, fino a smontarne l’urgenza, una storia di fantasmi, tra vita e morte, che apre a una riflessione sull’idea di colpa come male originario che determina la condizione umana.
Con la Lucy di una più che intensa Alicia Vikander, Wash Westmoreland si conferma un abile regista di primi piani di donne, tornando a farsi portatore, dopo Still Alice e il ritratto di Colette, di uno sguardo tutto al femminile. Uno sguardo che, in Dove la terra trema, attraversa il mondo, proiettando su di esso le distorsioni del proprio spaesamento spaziale. Lo studio del personaggio in Dove la terra trema passa, infatti, per la lente deformante del senso di colpa della protagonista, resa attraverso un ricercato gioco di messa a fuoco, come già in Still Alice, di dilatazioni temporali e di apparizione e sparizioni di presenze fantasmatiche. Ma se anche Dove la terra trema riesce più di una volta a penetrare fin sotto la pelle del corpo di Lucy, merito anche dell’interpretazione della Vikander, Westmoreland si mostra troppo preoccupato di affermare la propria autorialità per accorgersi di maneggiare con passo maldestro e distratto gli elementi del genere e, soprattutto, di impantanarsi, più di una volta, nei territori pericolosamente sterili del trattato psicologico.
Titolo originale: Earthquake Bird
Regia: Wash Westmoreland
Interpreti: Alicia Vikander, Riley Keough, Naoki Kobayashi, Jack Huston, Kiki Sukezane
Distribuzione: Netflix
Durata: 107′
Origine: USA, 2019
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto al film è a cura di Simone Emiliani