“Dracula 3D”, di Dario Argento
In tanti si ostinano a voler ammazzare il Conte Argento ad ogni nuovo film da un paio di decenni a questa parte, senza riuscirci mai per davvero. Il non morto del cinema italiano, ha rinunciato da tempo al proprio nome, e con esso al relativo luogo di sepoltura. Vaga in questa (terza?) dimensione. E il Cinema è la sua (la nostra…) maledizione
E dire che trovare i punti deboli, i talloni d'Achille, diventa di volta in volta più semplice e lampante, un vero gioco da ragazzi. Soprattutto se stavolta Argento butta via anche i pochi istanti con un minimo di afflato sentimentale, di passione; o se neppure le sequenze gore e splatter (o quelle di nudo femminile) sembrano interessargli più, tirate via in fretta e furia con un paio di squartamenti, qualche organo conficcato, sventramenti poco convinti, poco sangue e quasi zero frattaglie. E Bram Stoker? Neanche a parlarne: qui Dracula può trasformarsi in qualunque animale a piacimento, compresa un'enorme mantide religiosa in CGI (!) che ammazza uno dei tanti attori del cast che paiono lasciati a se stessi a girovagare per il set in sequenze dalla progressione narrativa giusto abbozzata.
D'accordo. Ma vedete? Sono tutti proiettili a vuoto, il Conte Argento non l'abbiamo nemmeno scalfito. E per fortuna è meglio così, perché Dracula 3D vive ancora una volta di un fascino inspiegabile, che forse concediamo solo al suo autore: quello di disinteressarsi completamente di dover far assumere una forma chiusa, definitiva, alla propria opera – nell'assoluta, straordinaria anarchia di uno sguardo che ha deciso da tempo che gli basta schizzare una sequenza, un'idea, un'inquadratura su un Rutger Hauer stanchissimo, perché quella sia Cinema.
Non è difficile capire come questo cineasta italiano che ha iniziato a giocare con la CGI nel 1996 de La sindrome di Stendhal non possa fare che Cinema in ogni singolo frame di ogni suo lavoro, anche perché altrimenti non ci sarebbe altra definizione per le sue immagini (cosa sono effettivamente le immagini di Argento? come battezzarle? Cinema e, davvero, nient'altro – non realtà, non sogno, o altre categorie inutili di questo tipo…). Qui con questi fondali pazzescamente posticci innalzati al computer, dai colori irreali e dall'illuminazione contrastatissima, con questi effetti speciali che non riusciamo a trovare altro aggettivo per definire se non volubilmente incoerenti, che mutano di resa e design di sequenza in sequenza, questa foresta da illustrazione di libro per bambini, e ancora una volta questi personaggi di contorno deformi, sghignazzanti nella loro turpe mostruosità. I flashback inseriti senza alcun ritegno per qualunque struttura di sceneggiatura comunemente adoperata, il corpo della figlia gettato in mezzo al gioco come dichiarazione di resistenza…
Caro Dario, hai proprio ragione: chi se ne frega più dei film, delle storie da chiudere, dei premi da ritirare, degli applausi e degli sghignazzi in sala. Sono tutte lapidi, bare sigillate, roba per chi ama le analisi, la Storiografia, le note di regia: ma il non morto del cinema italiano ha rinunciato da tempo al proprio nome, e con esso al relativo luogo di sepoltura. E' costretto a continuare a vagare in questa (terza?) dimensione. E il Cinema è la sua (la nostra…) maledizione.
Regia: Dario Argento
Interpreti:Thomas Kretschmann, Asia Argento, Marta Gastini, Rutger Hauer, Unax Ugalde, Miriam Giovanelli, Giovanni Franzoni, Maria Cristina Heller, Augusto Zucchi, Giuseppe Lo Console, Francesco Rossini,Christian Burruano
Distribuzione: Bolero Film
Durata: 106'
Origine: Italia 2012
se si sovesse valutare l'obiettività e l'onestà intellettuale da 1 a 10 la vostra è sotto zero
sentieri selvaggi e i suoi redattori sono quindi coerentemente non obiettivi… e se l'obiettivo principe (o conte) è la coerenza allora tutto torna
Serena mi sembri poco Serena….ma ho la certezza che le tue"sono solo proiettili a vuoto"!
sì, insomma, un film orribile, e un recensore disposto a qualsiasi cosa pur di salvare Argento dalle (facili) parolacce, anche disposto a suggerire che fare (volutamente?) film orribili ad un certo punto è un merito artistico.