Dragon Ball Z: La battaglia degli dei, di Masahiro Hosoda


La saga creata da Akira Toriyama arriva al diciottesimo lungometraggio cinematografico (primo a essere distribuito nelle nostre sale) e rinnova la sua sfida nel coniugare gli opposti, cercando di conservare i tratti epici dell'epopea, ma con alcuni elementi di innovazione che alleggeriscono la seriosità della versione tv

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Dragon Ball Z La battaglia degli deiIl filone dei film ispirati a serie anime di successo è attivo nelle nostre sale fin dagli anni Settanta (pensiamo a Mazinga contro Goldrake e affini), ma di recente era caduto un po' in disuso, tanto che a fronte delle 18 pellicole finora realizzate, solo quest'ultima La battaglia degli dei arriva a concedere a Dragon Ball l'onore del grande schermo. Che ciò avvenga per caso o per autentica consapevolezza, il film vuole essere in ogni caso particolarmente rappresentativo dell'opera di Akira Toriyama grazie al coinvolgimento diretto dell'autore, che ha curato il design e ha fatto sì che la storia si ponesse in diretta continuità con gli eventi del manga e della serie tv, invece di costituire il classico one-shot.

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Si respira infatti allo stesso tempo un'aria di conservazione e di rinnovamento, tale da porre l'opera sulla lunghezza d'onda del progetto originario, quello che mirava cioè a omaggiare mitologia e epica orientale attraverso la loro costante demistificazione. Ecco dunque un nuovo e imbattibile nemico, redatto secondo i tipici canoni dell'epopea, che però fornisce una serie di occasioni per gag demenziali capaci di rompere la seriosità della controparte televisiva, recuperando la comicità e la leggerezza delle primissime saghe (più Dragon Ball prima serie che Dragon Ball Z, insomma). Goku prosegue il suo percorso verso nuovi livelli di forza, ma ancora una volta lo scontro è una ricognizione intorno a un piacere del confronto che è puro esercizio grafico, tanto che alla fine il nemico potrebbe anche diventare l'alleato di domani.

 

Per Toriyama, insomma, la sfida sta sempre nell'oscillazione fra gli opposti: l'approdo del protagonista alla sfera del divino offre il pretesto per battaglie mirabolanti dove la Terra e il cosmo sembrano incapaci di contenere la forza letteralmente esplosiva dei protagonisti; ma, al contempo, la natura ultraterrena dei personaggi non fa mai venir meno la critica sottile al loro piacere per vizi e piaceri tipicamente “umani” (la voglia di superare l'avversario, il piacere per il cibo, il gioco, la musica o i desideri esauditi dalle Sfere del Drago). La regia di Masahiro Hosoda tiene il passo, ma non va troppo al di là dell'animazione già vista in tv, con inserti in CG non sempre perfetti e qualche tempo morto di troppo: resta impresso soprattutto il vitalismo delle forme e dei colori, esaltati finalmente dalla proiezione sul grande schermo.

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