Dreams, di Michel Franco

Il regista messicano realizza un film erotico di evidente significato politico e sul fallimento del sogno americano sancisce, con cinismo eccessivo, la fine dell’amore. BERLINALE75. Concorso


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È impossibile esista un sogno più grande dell’amore. L’amore è la morte, risponde la voce innocente di un bambino nel film di Léonor Serraille Ari, sempre in concorso alla Berlinale, quando il maestro lo interroga curioso sul suo significato. Michael Franco non la pensa molto diversamente. La disgregazione violenta, il frastuono della caduta, il dolore e l’attenzione per le ferite inferte lo interessano in modo ossessivo e verrebbe da dire patologico. Avevamo lasciato il regista con Memory, un film sembrato a molti una sorta di passaggio, uno scostamento verso una maturità, con incluso esorcismo dei demoni vagabondi e cattivi delle opere giovanili, Después de Lucía e Las hijas de Abril, popolate di feroci seguaci del male. Una storia intima, ripiegata sotto le ali di una carezza, che finalmente emanava un calore umano, dove la malattia devastante veniva accettata come il normale decorso della vita. Da lì comincia anche il connubio con Jessica Chastain, che insieme a Peter Sarsgaard, aveva creato un universo delicato e in pericolo, fatto di premura nel disperato bisogno di incontrare l’altro.

In Dreams, invece, l’attrice è in versione mantide religiosa. Interpreta i panni di una ricca ereditiera americana, Jennifer McCarthy, innamorata di un giovane e povero danzatore messicano, Fernando, conosciuto a Mexico City, che la raggiunge a San Francisco credendo nel suo appoggio per inseguire l’ambizione e conquistare un posto sotto i riflettori. Questa visione classista è uno degli elementi ritornanti, osservato in grande scala nella rivolta di Nuevo Orden, non a caso nel bel mezzo di un matrimonio, o nello sbilanciamento all’interno di una coppia come avviene in Sundown, con Tim Roth nel panni del seduttore. L’idea insomma di un mondo generato dal conflitto sociale e sintetizzato in un manicheismo utile ad individuare e classificare i buoni ed i cattivi, sollevando dalla responsabilità con una giustificazione che si allontana dal libero arbitrio ma risponde solo con la vendetta e la sopraffazione. E l’istinto prevale sulla ragione.
Stavolta la rappresentazione è declinata sul fallimento dell’American Dream, incluse le ostentate politiche immigratorie statunitensi, ormai replicate in ogni angolo del pianeta, un argomento di scottante attualità. Il cattivo presagio della tragedia imminente è chiaro dalla premessa, con un camion pieno di persone quasi morte assiderate, fermo a ridosso del confine, che si dileguano nella notte del deserto californiano a cercare un’alba ancora lontana. Nel rapporto di coppia tra Jennifer e Fernando viene trasferito tutto un simbolismo preciso che riflette i rispettivi paesi di provenienza. La Chastain incarna la signora elegante e predatrice, usa il corpo voluttuoso per manipolare sessualmente un ragazzo che si illude di amare, ma preferirebbe tornasse in Messico per poterne disporre senza destare scandalo nel suo ambiente sociale. Una babygirl con le unghie affilate. Fernando, giovane e pieno di energia, ha la spada di Damocle dell’espulsione che lo tiene in continuo stato d’allerta esponendolo ad un rischio continuo, la cui volontà viene piegata nonostante le resistenze.

Scolpita nel fondo a lettere cubitali la metafora, sullo schermo viene traslata un’immagine fatta di erotismo e di lusinghe, di amplessi a passo di musica, di eventi da presenziare e di fughe romantiche vista oceano, un quadro sensuale predisposto appositamente per rendere il finale, una volta smascherata l’ipocrisia, ancora più amaro da digerire. In quell’ultimo miglio il sogno si trasforma in un incubo, e tornano alla ribalta la miseria ed il cinismo, messi per un attimo da parte nel film precedente. Un percorso che ricalca perfettamente quello di Lanthimos, che dopo la parentesi di consenso pressoché unanime e di successo commerciale con Poor Things, con Kinds of Kindness è tornato ad esprimere una poetica ancora più criptica ed inquietante. In questo Dreams il passo indietro è parziale nei toni, ma la rassegnazione ed il tradimento che serpeggiano sono di nuovo radicali e gli eroi muoiono senza neanche provarci.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
3.5 (2 voti)

Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale


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