Due amici, di Louis Garrel

L’esordio alla regia di Louis Garrel, che arriva con 4 anni di ritardo, è un’opera libera e incosciente, resa magica dalla fiducia di Vincent Macaigne e Golshifteh Farahani verso il loro regista

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Dopo “soli” quattro anni arriva nelle sale italiane l’esordio nel lungometraggio di Louis Garrel, probabilmente sulla scorta del buon successo riscontrato da L’homme fidèle, presentato in anteprima ai Rendez-Vous del Cinema Francese la scorsa primavera.

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Un’uscita estiva, quando già gran parte del pubblico si sposta sulle arene estive per recuperare i film della stagione, che si spera non penalizzi troppo questo film, a tratti strampalato ma traboccante di amore per il cinema e i suoi protagonisti e di una sincerità disarmante.

Rispetto alla pulizia de L’homme fidèle, dove Garrel confeziona un breve pamphlet su sentimenti sempre più autoreferenziali, nell’esordio del 2015 sembra voler includere tutto quello che la sua vita è stata fino a quel momento. Lo fa ri-trovando i due compagni di strada Vincent Macaigne e Golshifteh Farahani, già diretti due anni prima nel cortometraggio La règle de trois, gli altri due vertici di un triangolo sentimentale ed esistenziale destinato a dipanarsi nell’arco di una notte parigina che sembra non avere mai fine.

La mano del co-sceneggiatore Christophe Honoré si sente nella letterarietà dell’intreccio: un pallino dell’autore bretone è l’adattamento contemporaneo del classico. Come nelle passioni trattenute della Princesse de Clèves di Madame de Lafayette riaggiornate ai batticuori liceali de La belle personne, dove Garrel interpretava Nemours, professore di italiano erede del Duca eponimo, qui Honoré riprende Les caprices de Marianne di de Musset e lo traspone da una immaginaria Napoli sotto il regno di Francesco I a una Parigi contemporanea dai nervi tesi, quasi da stato di polizia, in cui i tre personaggi paiono sempre braccati, insofferenti alle regole, del set, del lavoro, del morning commute.

Garrel sfrutta proprio questa energia malamente trattenuta, pronta a straripare, per affrancarsi dalla letterarietà dell’assunto e buttarsi invece a capofitto nella città. Lo fa da subito, stando addosso a Mona, riprendendo il suo tragitto in treno dal carcere alla caffetteria della stazione dove lavora; lo fa seguendo i due amici, Clement e Abel, nelle loro strane vite da comparsa maldestra e benzinaio/poeta; e poi, dal momento in cui le loro traiettorie convergono e i tre si ritrovano insieme, ma ognuno prigioniero del proprio dolore, del proprio disagio, si abbandona con una libertà invidiabile e un po’ di incoscienza a questo vagare senza meta, come i personaggi flaneur interpretati dai primi anni Duemila per suo padre Philippe, fino alla frontiera dell’alba.

In mezzo c’è inevitabilmente il cinema, con un piccolo tributo al Sessantotto bertolucciano che l’ha lanciato nel panorama internazionale, cinefila digressione all’interno di un racconto che ama programmaticamente disperdersi – nella metropoli, nelle ossessioni dei personaggi – per poi ritrovarsi. Vincent Macaigne e la bellissima Golshifteh Farahani, all’epoca compagna di Garrel, si offrono al loro regista con una generosità e una fiducia quasi commoventi, ravvisabile nella sequenza gioiello del film: la danza di Mona sul brano Easy Easy di King Krule. Quasi un sogno in blu, performance ipnotica in cui si sovrappongono tre piani, quello di un personaggio trattenuto che finalmente trova la forza di liberarsi davanti alla macchina da presa, l’attrice di fronte al suo regista, la donna di fronte al suo uomo.

 

Titolo originale: Les deux amis
Regia: Louis Garrel
Interpreti: Louis Garrel, Vincent Macaigne, Golshifteh Farahani
Distribuzione: Movie Inspired
Durata: 100′
Origine: Francia 2015

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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