Due o tre cose. A proposito del cinema di Armando Ceste.

Quello della memoria è il segno, denso e emozionale, teorico e ideologico, che fluisce nell'opera di Armando Ceste, esemplare segno di adesione nel tempo  a un progetto, a una militanza necessaria e inscalfibile, a un'idea di cinema dettata dal procedere e dalle conflittualità della vita. La sua è una filmografia nel segno della carne e dell’anima, della funzione soggettiva del montaggio, della musicalità della voce, della memoria di volti che diventano spazi scolpiti nel tempo. Operai della Fiat, Anna Karina, Straub…

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Cinema soggettivo e militante, che esiste nell'istante “invisibile” in cui memoria e presente si toccano e generano un'immagine “nascosta” sospesa fra quelle esistenti. Cinema di lotta e teorico, dagli anni del Collettivo Cinema Militante di Torino a quelli, più recenti, in cui il filmaker torinese continuava a elaborare un proprio intimo e plurale percorso di riflessione, dentro il cinema e la società. Due o tre cose è il titolo di uno dei suoi lavori più folgoranti, complessi, poetici, gesto appassionato verso Godard (figura imprescindibile per Ceste, come Straub e Huillet – affinità da non nascondere nelle sue immagini di vibrante passione). È il testo, del 1994, che “riunisce” gli altri testi dell’artista torinese (grafico e tra i fondatori del Valsusa Filmfest, dedicato alla memoria e alla salvaguardia dell’ambiente) scomparso all’età di 67 anni, il film in cui documenti di età diverse, più che in altri lavori di Ceste, ri-assumono senso e attualità dal montaggio: bambini a una mensa proletaria, Godard in corpo e voce, fotografie del Che e l'immagine del suo cadavere, un'anziana donna a Katmandu…
Quello della memoria è il segno, denso e emozionale, teorico e ideologico, che fluisce nell'opera di Armando Ceste, esemplare segno di adesione nel tempo – a partire dalla fine degli anni Sessanta – a un progetto, a una militanza necessaria e inscalfibile, a un'idea di cinema dettata dal procedere e dalle conflittualità della vita, che si contamina con il pulsare del fuoricampo nella “ricostruzione” rigorosa e appassionata di frammenti di Storia e di storie. I suoi sono film-saggi difficili da incasellare, opere dall'identità immediatamente riconoscibile. La sua è una filmografia nel segno della carne e dell’anima, della funzione soggettiva del montaggio, della musicalità della voce, della memoria di volti che diventano spazi scolpiti nel tempo. Operai della Fiat, Anna Karina, Straub… Tenendo sempre presente un punto di vista, estetico e politico, da non dimenticare mai.
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Argomenti e materiali incandescenti. Fra questi, e in ordine sparso, perché l’opera di Ceste è un continuo camminare, andare e venire, nel tempo: Jean-Marie Straub, la resistenza del cinema (1991); Anna Karina. Il volto della Nouvelle Vague (1996); Marzo 1973 – I giorni della Fiat (1993), con l'operaio Riccardo Braghin che si ri-guarda in video in immagini di vent'anni prima; Rosso/Askatasuna (a proposito di un primo maggio in guerra) (1999), sul centro sociale torinese distrutto dalle forze dell’ordine; Viaggio alla fine del mondo (dove le storie vanno a finire) (1998), conversazione con Adriano Sofri nel carcere di Pisa che prende avvio dalle esperienze di viaggio di Sofri, dalla rievocazione del suo reportage nella Terra del Fuoco; Aria di Golpe (1994), con Dario Fo e Franca Rame che rivedono e rivivono il loro spettacolo teatrale di vent’anni prima Guerra di popolo in Cile; Mai tardi (1996), rievocazione della Resistenza nella Val di Susa e percorso nella memoria, personale e collettiva, di un gruppo di partigiani; L'ultimo nastro (1991) e Finale di partita (1992), entrambi liberamente tratti dai testi di Beckett per parlare del terrorismo e dell’omicidio Moro; Lontano dal golfo (1991), là dove il golfo, e un'altra guerra, è invece così vicino negli occhi, nell'incredulità, nel dolore delle persone filmate; Abdellah e i suoi fratelli (2000), sulla tragica morte di un giovane marocchino costretto ad annegare nel Po da un branco di ragazzi; Porca miseria (2006), viaggio nelle nuove povertà urbane di Torino…
Avvenimenti che ci ri-guardano, di «un passato che non è morto, anzi non è neanche passato», come amava ricordare Ceste. Dove il ricordo e la memoria, e le immagini pre-esistenti, devono produrre nuove immagini, stimolare ancora e sempre nuove strategie di resistenza.

 

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FILMOGRAFIA
La lezione (1969)
I migliori anni della nostra vita (1987)
Donato (1987), Nosferatu, ogni notte di fronte a me (1988)
Das Rastel einer Strasse (1988)
Morire d’amore (1988)
Recita (1990)
L’ultimo nastro (1991)
Lontano dal golfo (1991)
Jean-Marie Straub, la resistenza del cinema (1991)
Finale di partita (1992)
Marzo 1973 – I giorni della Fiat (1993)
Due o tre cose (1994)
Aria di golpe (1994)
Milano 25 aprile (1994)
Mai tardi (1996)
Anna Karina. Il volto della Nouvelle Vague (1996)
Le parole sono importanti (1996)
Jean-Marie Straub. Lezione di cinema (1998)
Viaggio alla fine del mondo (dove le storie vanno a finire) (1998)
Rosso/Askatasuna (a proposito di un primo maggio di guerra) (1999)
Romeo & Giulietta. Il gioco del film (2000)
Abdellah e i suoi fratelli (2000)
Erri De Luca. Dopo Genova (filastrocche sgangherate) (2001)
Libera terra (2002)
Fiatamlet (2003)
Variazioni (2004)
Porca Miseria (2006)
Love difference (2006)
Amoremorte (2007)
Movimento (2008)
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