Due piccoli italiani, di Paolo Sassanelli

Due piccoli italiani è l’esordio alla regia di Paolo Sassanelli, noto al pubblico soprattutto per il suo lavoro da attore. Questo road movie è la storia di due amici che partono per non separarsi

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Il viaggio, oltre ad essere un’esplorazione, un’avventura, una ricerca di qualcosa di sconosciuto, può azionare un movimento interiore e accendere delle zone addormentate dentro di noi. Farci scoprire delle forze di cui ignoravamo l’esistenza. Salvatore (Francesco Colella), addetto alle pulizie dentro un centro di salute mentale, complice un taglio del personale in esubero all’interno della struttura, decide, insieme a Felice (Paolo Sassanelli), che è uno dei pazienti, di scappare via. L’occasione di fuggire è il pullman della tifoseria del St. Pauli che porta la propria fede calcistica in giro per l’Europa. Da un piccolo paesino in provincia di Bari, Felice e Salvatore si trovano catapultati a Rotterdam, in Olanda, dove Felice è convinto di ritrovare la madre, e poi in Islanda. Sulla loro strada incontrano Anke (Rian Gerritsen) che si unisce a loro.

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L’esordio alla regia di Paolo Sassanelli, almeno per quanto riguarda il lungometraggio (ha diretto diversi cortometraggi), è dunque con un road movie, dove si inseguono i paesaggi, i linguaggi e i costumi. La trama procede attraverso una serie di coincidenze causali impossibili da prevedere, che tolgono ai protagonisti una vera capacità di incidere sugli eventi ma li tengono in balia del volere del destino. Quasi come se la corsa verso un desiderio represso per troppo tempo sia equivalente ad abbandonarsi alla corrente e lasciarsi trasportare verso altro, altri paesi, altre culture. Ed al cambio vorticoso di scenari corrispondesse un altrettanto repentino spostamento di obiettivo, che continua ad oscillare senza mai una decisa messa a fuoco.

Con un tono da commedia, il regista mette in campo due archetipi potentissimi, la madre e la sessualità, e sulla loro assenza costruisce il percorso identitario dei protagonisti che vive un tentativo di compensazione. E neanche rinuncia a ricorrere ai discorsi legati all’appartenenza ed alla proiezione dell’italiano all’estero, vittima spesso delle sua fama ma capace qualche volta di ribaltare inaspettatamente il luogo comune e di stupire. Dei tanti italiani che lasciano il paese alla ricerca di un lavoro, questi piccoli italiani, che tanto piccoli non sono, hanno entrambi superato i quaranta, ricalcano le orme e, seppure estemporaneo, il loro è il medesimo bisogno di una realtà alternativa e più accogliente. Meno severa. Aperta. Piccola è la loro ambizione, piccolo è il posto che gli ha riservato il mondo fino a quel momento.

Desta stupore la presenza di alcune scene molto drammatiche, con una venatura quasi da thriller, che, se hanno il merito di cambiare improvvisamente direzione alla narrazione ed introdurre un punto di svolta, come vere e proprie rotture, fanno apparire il salto molto brusco e lo isolano dal contesto. Resta lodevole l’intenzione di mostrare uno stato di quiete che improvvisamente si trasforma in escandescenza, il deflagrare delle emozioni represse, quella goccia di violenza  che trabocca dalla fragilità della malattia mentale. Il problema nasce dall’assenza di qualche segnale, anche uno soltanto, che aiutino a decifrarne il significato, tanto da farle vivere come stelle che improvvisamente si mettono a brillare nella notte potenti e luminose, per poi spegnersi un attimo dopo con la stessa velocità.

Regia: Paolo Sassanelli
Interpreti:  Paolo Sassanelli, Francesco Colella, Rian Gerritsen
Origine: Italia, 2018
Distribuzione: Keyfilms
Durata: 94’

 

 

 

 

 

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