Due scatole dimenticate. Un viaggio in Vietnam, di Cecilia Mangini e Paolo Pisanelli

Andato in onda come speciale Tg1 ed ora su RaiPlay, un omaggio alla grande cineasta da poco scomparsa. Viaggio a ritroso nell’immaginario ma che parla direttamente agli uomini e alle donne di oggi

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«L’immaginario è storia tanto quanto la Storia», afferma Marc Ferro nel suo Cinema e Storia, testo fondamentale per quanti siano interessati a portare avanti una riflessione sul punto di convergenza tra queste due discipline. Il terreno comune di incontro e scambio è proprio quello dell’immaginario che dalla storia e dal cinema si genera, ma che a sua volta produce radicali effetti sulla realtà. E certamente pochi episodi hanno contribuito ad alimentare un vero e proprio mito nell’immaginario dei giovani del resto del mondo come la guerra del Vietnam. Mito che il cinema non ha fatto altre che concimare. Qualcuno ha giustamente scritto, infatti, che questo conflitto ha rappresentato a tutti gli effetti una sorta di «romanzo di formazione», politico e sentimentale. Questo discorso vale ancor di più per i militanti internazionali che guardavano al Vietnam del Nord, diviso dal Sud nel 1954 dopo la conferenza di Ginevra e supportato dall’Unione Sovietica e dalla Cina, come modello di una nuova società, un esempio a cui guardare, come avverrà qualche anno dopo anche per la Cina della rivoluzione culturale o per la rivoluzione cubana.

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C’era urgenza di narrazioni e testimonianze, bisognava recarvici ed immortalare tutto ciò che si poneva davanti agli occhi per poi restituire e far conoscere in Occidente i volti di questo popolo resistente, battagliero, che era riuscito già a ribellarsi alla dominazione coloniale francese ed infine a scacciare gli Stati Uniti dopo vent’anni di logorante guerra in quella giungla dal cuore di tenebra. Questo fu, allora, l’impeto che spinse Cecilia Mangini ed il suo compagno d’arte e di vita Lino Del Fra, entrambi cineasti e fotografi, a partire alla volta del paese del Sud-est asiatico sfidando le effettivi e tangibili difficoltà dell’impresa (Mangini ricorda a più riprese infatti, il lungo e tragicomico tragitto che necessitava un passaggio obbligatorio per la Berlino Est). Nel corso di questo viaggio effettuato nei mesi di preludio alla guerra, giorni frenetici ed anche pericolosi (con tanto di bombardamenti e continui raid aerei) furono scattate centinaia e centinaia di fotografie che avrebbero dovuto dar vita ad un reportage dal titolo emblematico Le Vietnam sera libre, da proiettare anche in una versione francese ad Hanoi. Con l’esplodere delle tensioni tutte le delegazioni internazionali presenti furono costrette a rimpatriare e le riprese e gli scatti bruscamente interrotti e destinati, forse e non senza amarezza, all’oblio.
Eppure dopo quasi cinquant’anni di quiescenza, questi preziosi materiali dimenticati sono stati riscoperti casualmente tra gli scatoloni nascosti nell’abitazione della regista e rielaborati in un nuovo documentario firmato da Mangini in co-regia con Paolo Pisanelli ed intitolato appunto Due scatole dimenticate. Un viaggio in Vietnam, con il quale, a pochi mesi dalla sua morte, e cogliendo l’occasione della giornata dell’otto marzo, la Rai ha deciso di renderle omaggio nell’ambito di uno speciale del Tg1.

Il risultato di questa riscrittura è un viaggio a ritroso nella memoria personale e storica della cineasta, che si presenta anche come voce narrante; un film da camera che con un montaggio serrato tiene insieme testimonianze di volti e parole estremamente critiche nei confronti della guerra imperialista. Da quest’opera riemerge chiaramente tutto il sentimento che agitava all’epoca Mangini e Del Fra: quell’infaticabile voglia di testimoniare e soprattutto di condividere l’eroismo degli uomini e delle donne vietnamite con il quale condivisero quattro mesi, un lasso di tempo ridotto a ben guardare, eppure straordinariamente importante. Così come scrisse anche nell’articolo Le caste guerriere del Vietnam apparso sulla rivista “Noi donne”, fu molto colpita dalla fierezza di queste donne guerrigliere impegnate nella liberazione del proprio paese, e per questo le rese di fatto protagoniste del suo reportage fotografico.

Un modello, dicevamo prima, a cui guardare, ed allora forse già tra i materiali inediti di Le Vietnam sera libre c’è da riscontrare, in fermentazione, quel desiderio di mostrare un’alternativa: la possibilità d’una vita diversa da quella scandita dai ritmi di lavoro ed inquadrata tra le mura domestiche che si vede nello straordinario Essere Donne, un’opera che innanzitutto condivide con Due scatole dimenticate l’intrinseca forma di film d’archivio che ha come funzione stessa quella di abolire la dicotomia tra passato e presente (sebbene qui il footage sia attinto dal repertorio privato, da una sorta di home movies), ma che soprattutto, come scrive Dalila Missero, si mostra, prima tra molte, «capace di offrire un regime di visibilità alla questione femminile in un’epoca in cui questa era ancora da definirsi nella sua specificità».

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