DVD – "Accordi & disaccordi", di Woody Allen

Locandina di Accordi e disaccordiCaratterizzato da un tono dimesso, quasi sussurrato, e con meno personaggi e meno frenesia rispetto ai film corali che contraddistinguono gli anni '90 di Woody Allen, Accordi & disaccordi evidenzia una maggiore precisione nel tratteggio. Con infinito affetto e un'ironia lieve, quasi impercettibile, Allen si dedica al ritratto contrastato di un eterno secondo, realizzando uno dei lavori più interessanti ed eccentrici della sua produzione matura. Edito da Medusa 

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Locandina di Accordi e disaccordiTitolo originale: Sweet and Lowdown
Anno: 1999
Durata: 91'
Distribuzione: Medusa Home Entertainment
Genere: biografico/commedia
Cast: Sean Penn, Samantha Morton, Uma Thurman, Anthony LaPaglia, Brian Markinson, Woody Allen, Ben Duncan, Gretchen Mol, James Urbaniak, John Waters
Regia: Woody Allen
Formato DVD/Video: 1.85 PAL
Audio: italiano dolby digital – 2.0, inglese dolby digital – 2.0
Sottotitoli: italiano per non udenti
Extra:

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IL FILM
Titolo si vorrebbe "minore" nella spropositata filmografia di Woody Allen, Sweet and Lowdown è in realtà uno tra i lavori di maggiore interesse, nonché tra i più eccentrici, della sua produzione matura. Caratterizzato da un tono dimesso, quasi sussurrato, il film ricostruisce, attraverso le testimonianze di musicisti, critici e storici della musica, la biografia, non priva di zone grigie, di Emmet Ray. Una biografia ovviamente fasulla. La didascalia iniziale ci informa che Emmet Ray è stato "un chitarrista jazz poco conosciuto, famoso solo per un breve periodo negli anni Trenta", ma in realtà Emmet Ray non è mai esistito, e trattandosi di Woody Allen presto capiamo che, con tutti quegli "esperti" che parlano in camera per ammantare di scientificità lo studio del personaggio, ci troviamo più che altro dalle parti di Zelig. In un mockumentary.

Sean Penn in Accordi e disaccordi

Nel film dell'83 ad Allen interessava l'idea della identità liquida e indecidibile dell'uomo novecentesco che fuor di metafora emergeva dal personaggio fittizio di Leonard Zelig. E qui? Certo, c'è la ben nota musicofilia del regista che gioca la sua parte consistente, ma c'è anche di più. Ancora la didascalia iniziale ci viene in aiuto, proseguendo con un laconico "Ray era considerato secondo solo al grande Django Reinhardt", che si rivelerà essenziale. Ecco: con infinito affetto e un'ironia lieve, quasi impercettibile, Allen si dedica al ritratto di un eterno piazzato, di un secondo esistenziale, che semplicemente non è nato per occupare il gradino più alto. Ray è uno scapestrato, un meschino (lowdown) ma in fondo dolcissimo (sweet) piccolo uomo, dotato da Madre Natura di un talento troppo grande per le sue spalle gracili. Buca le serate perché si attarda nelle bettole a giocare a biliardo, soffre di cleptomania, arrotonda facendo il pappone. I suoi passatempo preferiti sono guardare i treni e sparare ai topi nelle discariche. Piuttosto che incidere su disco i propri pezzi (egocentrico e megalomane, ha l'ossessione di essere plagiato) preferisce suonare in notturne jam session casalinghe, nella sperduta periferia della Chicago anni '30, con musicisti sconosciuti le cui mogli però cucinano divinamente. Parole poche, rozze e malvolentieri, alcol abbondante, Ray in fondo non sa né può far altro che suonare la chitarra. Non che Allen gli conceda la sublimazione facile del decadentismo bohémien o del maledettismo romantico. Anzi, è proprio perché non arde, è proprio per l'assenza di sentimento, che gli manca quel qualcosa che lo renderebbe il migliore. Soltanto una donna, una lavandaia muta che abita vicino a un luna park (!) e di nome fa Hattie (una straordinaria Samantha Morton), riesce a entrargli davvero nel cuore. Specchiandosi in questa figurina di pura poesia, sospesa, fuori dal tempo e da ogni ragionevolezza, tra Harpo Marx e la Gelsomina di Fellini (due tra i grandi amori cinematografici di Allen), Emmet Ray riesce a essere se stesso.
Meno personaggi e meno frenesia rispetto ai film corali che caratterizzano gli anni '90 di Woody Allen, Accordi & disaccordi è dotato di una maggiore precisione nel tratteggio. Chissà se c'è dell'Allen in Emmet Ray, personaggio apparentemente così lontanto dai mille Alvy Singer incarnati dal regista. Ma alla fine del film sembra davvero di averlo conosciuto questo buffo, patetico, "stupido" Ray, a cui Sean Penn, al suo esordio da chitarrista molto prima di This Must Be the Place, fornisce una delle sue più raffinate e sensibili maschere.

Sean Penn e Samantha Morton in Accordi e disaccordiIL DVD
Di Accordi & disaccordi esisteva già una versione dvd a cura della Cecchi Gori Home Video, assai spartana, se si eccettuano le note biografiche del cast. Questa nuova edizione poteva ragionevolmente essere l'occasione per un arricchimento ma, nella tradizione dei dvd alleniani curati da Medusa e in linea, pare, coi voleri dell'autore, così non è stato, e si è mantenuta l'originaria essenzialità: doppio audio (italiano e inglese), sottotitoli italiani per non udenti e nessun contenuto speciale o extra. Ottima, ad ogni modo, la qualità video del disco, che rispetta il lavoro sulla fotografia del grande Fei Zhao (L'imperatore e l'assassino, Lanterne rosse). E buona anche la colonna audio, in cui risalta una soundtrack per intenditori dove trovano posto, tra i tanti grandi del jazz amati dal cineasta-clarinettista Allen, Duke Ellington, Dick Hyman e lo stesso Django Reinhardt, nonché Howard Alden, che doppia Penn nelle esecuzioni alla chitarra.

 

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