DVD – I Bambini della sua Vita, di Peter Marcias
Per la collana “La Sardegna al Cinema”, l’Unione Sarda presenta il secondo lungometraggio di Peter Marcias (2011), la storia della ricerca di un senso, di una famiglia, dell’altro e di sé stessi
Titolo originale: id.
Regia: Peter Marcias
Genere: Drammatico
Interpreti: Piera Degli Esposti, Giulia Bellu, Carla Buttarazzi, Caterina Gramaglia, Julien Alluguette
Produzione: The Janas Pictures
Distribuzione: Gianluca Arcopinto
Origine: Italia, 2011
IL FILM
Guardare non è affatto vedere, implica un atto di coinvolgimento e un grado di attenzione necessariamente consapevole ed attivo, ma al tempo stesso distaccato e più oggettivo. Vedere va oltre il guardare, rappresenta un salto di qualità che ci porta a “prendere coscienza” di ciò che osserviamo. Guardare per rendersi conto, vedere per dare un senso: anche alla propria vita, alla propria storia. Da questo assunto di partenza – la vista come organo sensoriale privilegiato e come metafora delle zone d’ombra di un’esistenza umana – il trentatreenne regista oristanese Peter Marcias tesse le fila di un dramma familiare che attraversa tre generazioni (una nonna, una madre, una figlia) e che possiede la quintessenza organica della trama che racconta: una narrazione paratattica, volutamente frammentata e in filigrana, che – come la giovane protagonista – avanza a tentoni tra il bagliore di uno squarcio e la penombra di un flashback.
Anche ne I Bambini della sua Vita – secondo lungometraggio di finzione del regista dopo il pluripremiato docu-fiction Ma la Spagna non era cattolica? (2007) e Un attimo sospesi (2008) – Marcias focalizza la sua camera sulla ricerca dell’altro e di un senso da dare alla propria vita, in uno sguardo che dal microcosmo individuale si allarga e finisce inevitabilmente per coinvolgere il macrocosmo della storia collettiva, con le sue traiettorie politiche, sociali, culturali e religiose. Dalle vicende metropolitane dei “cinque personaggi in cerca d’autore” del film d’esordio si passa al territorio della famiglia. La piccola Alice (Giulia Bellu, già protagonista dell’episodio Sono Alice diretto da Marcias per il film collettivo, del 2006, Bambini) ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico per sconfiggere un glaucoma e riacquistare la nitidezza della vista. La ritroviamo ormai ventenne (Carla Buttarazzi), con due occhi perfettamente in grado di registrare la realtà che la circonda, eppure al buio e come in preda alle vertigini. Alice ha bisogno di camminare a piccoli passi, di tastare un oggetto e di sfiorare un volto, di immergersi nuovamente nella cecità per provare a fare luce. La casa della nonna Rosaria (Piera Degli Esposti), dove è cresciuta in un’atmosfera intrisa di preghiere sussurrate e di zelante protettività, è l’eredità – reale e metaforica – che dà corpo al luogo in cui la ragazza sente la necessità di tornare per ricostruire i frantumi della sua vita. Dalla tormentata madre Silvia (Caterina Gramaglia), tossicodipendente e prostituta, Alice non può trovare ciò che cerca, ma solo l’odore acre dell’eroina ed i lividi dovuti ad occasionali rapporti sessuali con clienti violenti. E il padre? Il padre di Alice non c’è, è il fantasma che agita le sue notti insonni. C’è però Julien (Julien Alluguette), un giovane architetto francese amico di Silvia ed omosessuale, il “viso più importante” che Alice ricorda di avere visto prima dell’operazione agli occhi. E ci sono le sue filastrocche da mandare a memoria, le passeggiate e poi le soste sui gradini della chiesa, soprattutto il suo affetto ed il suo calore. È tutt’altro che “meraviglioso” il paese della giovane Alice. Sullo sfondo si staglia una Cagliari sonnolenta e moderna, neutra ed insieme suggestiva (a parte poche riprese ambientate sulla spiaggia, il film è stato girato nei vicoli del centro storico del capoluogo sardo, tra il quartiere Castello, il carcere di Buoncammino e l’ex Manifattura Tabacchi). Il diaframma tra lo spettatore e la pellicola che scorre è nella curiosità muta e voyeuristica dell’anziano vicino (Giancarlo Loddo), il cui occhio indiscreto osserva, dalla finestra di fronte, queste schegge di vita.
Marcias dirige un film decisamente poco italiano per stile, ispirazione e concetto, in cui reminiscenze del cinema d’autore francese – da Bresson a Jeunet – flirtano con le tematiche dell’ambiguità sessuale e delle nevrosi al femminile tipiche di un Almodovar, attraverso il fil rouge dell’incomunicabilità e della “poetica del segmento” di un Wenders. C’è ancora altro ne I Bambini della sua Vita, e forse questo è un difetto. L’ambizione – legittima – di raccontare in una veduta d’insieme un universo interiore che tenta di farsi largo e che lotta per reclamare l’urgenza della propria presenza nella società, spinge il regista ad affrontare in nuce questioni attualissime come la querelle tra l’istituzione Chiesa e l’omosessualità e il desiderio di paternità di un uomo che ama un altro uomo. Temi bollenti che Marcias sceglie di sfiorare con la delicatezza di un guanto felpato e di rendere visivamente con il lirismo delle immagini di animazione (realizzate dallo studio Shibuya). Una precisa dichiarazione di poetica registica, quella di Marcias, nella scelta di non “affondare il colpo” e di non sfociare nel melodramma. Ma la vischiosità esplosiva di questa miscela di spunti e di tracce narrative richiedeva probabilmente una più consapevole e meno filtrata gamma di registri espressivi, senza timore di contaminare slancio visionario e cruda realtà. In ultima istanza, senza timore di “sporcarsi le mani”, anche all’interno di una pellicola che procede deliberatamente per giustapposizione di intervalli ed intermittenze – di coscienza e di tempo – cercando la propria voce nei silenzi ed il proprio spazio vitale nei tempi morti. Lo stesso colpo di scena finale – che pare restituire alla protagonista un input per tornare a sorridere e ad aprirsi nuovamente alla vita – viene appena suggerito ed affiora anch’esso da un passato doloroso, quello di Julien, in fondo autentica figura chiave dei numerosi percorsi sottotraccia affrontati nel film.
Girato tra innumerevoli difficoltà di ordine produttivo, costato circa mezzo milione di euro e distribuito da Gianluca Arcopinto, il film si avvale della sceneggiatura di Marco Porru (finalista al Premio Calvino 2011 con il romanzo L’eredità dei corpi e già collaboratore del regista sardo), della colonna sonora di Romeo Scaccia (da segnalare la notevole canzone di Gianluca Merolli, Piccolo, che accompagna i titoli di coda) e della scenografia di Osvaldo Desideri. I Bambini della sua Vita, candidato come miglior film al Ciak d’Oro 2011 (premio poi vinto da Habemus Papam di Nanni Moretti) è stato presentato al Market del Festival di Berlino nel febbraio 2011 e poi in concorso – unica pellicola italiana – al 12° Festival Europeo di Lecce nell’aprile 2011. Una straordinaria Piera Degli Esposti (premio come miglior attrice non protagonista alla rassegna pugliese e Globo d’Oro 2011) ed un intenso e sorprendente Julien Alluguette, giovane attore francese di teatro e cinema, sono i punti di forza di un cast in cui – diciamolo pure – stona la figura inutilmente macchiettistica dell’ingegnere capo interpretato da Nino Frassica.
IL DVD
Il film, che ha potuto contare su una distribuzione europea di medio respiro (Francia, Portogallo, Gran Bretagna), testimonia le potenzialità cinematografiche di una terra come la Sardegna (molti i quadri tecnici locali: oltre a sceneggiatore e musicista, il truccatore Walter Cossu, la scenografa Stefania Grilli e la produzione The Janas Pictures di Federico Demontis). In Italia è disponibile in dvd per la collana “La Sardegna al Cinema” de l’Unione Sarda, a questo indirizzo