DVD – "I viaggiatori della sera", di Ugo Tognazzi
IL FILM
Nel cinema di Ugo Tognazzi gli anni Settanta sono dominati, pur attraverso film molto diversi tra loro, da un alter ego ricorrente, quello dell’uomo che si scopre anziano e incapace di accettare la sua nuova condizione, e si chiudono perfettamente con questo malinconico e nerissimo apologo sulla vecchiaia, in cui la cornice futuristica permette di dilatare al massimo la frattura tra un personaggio legato a proprie elementari regole di vita e un contesto sociale che vuole imporgliene di assurde e inaccettabili. Lo spunto è l’omonimo romanzo di Umberto Simonetta, che immagina un possibile domani dove si vota a tredici anni e per legge ogni cittadino giunto al compimento dei quarantanove anni è costretto a lasciare il lavoro e la famiglia per essere spedito, con tanto di fascia al braccio, in lussuosi villaggi turistici a trascorrere ininterrotte vacanze forzate. Il maturo dj Orso, stigmatizzato persino dal nipotino per il suo linguaggio scurrile e spontaneo, e la sua disinibita moglie Nicky rappresentano il residuo testardo di una mentalità intraprendente e anticonformista aggredita dalla logica assurda di un potere che indossa la maschera pulita e rassicurante dei giovani. Ma più che nello scontro generazionale con i ventenni spenti, aridi e già asserviti al sistema in cui vivono, incarnati dai due figli della coppia, Tognazzi trova l’ispirazione e i toni più sinceri nella ribellione sorda e ostinata del suo personaggio vitale e stanco, lucido e triste, sognatore e perennemente fuori posto.
Nella cornice asettica del villaggio vacanze la presenza di Orso, malinconicamente leggiadra eppure disturbante e impossibile da ignorare, spezza la fragile allegria che gli ospiti tentano di esibire, il clima di festa caciarona che maldestramente occulta lo scopo reale dei soggiorni forzati. Orso è ferito dalla rassegnazione di Nicky, che tenta di staccarsi da tutto per rendere sopportabile la propria condizione di non-vita e rifiuta il desiderio del marito che sente, in quelle circostanze, sciocco e inutile. Il bisogno elementare di Orso/Tognazzi diviene motivo d’imbarazzo, un sussulto di vita palesemente inopportuno e fuori luogo. Come ostinata e orgogliosamente ridicola è la sua gelosia nei confronti della moglie che vorrebbe acconsentire alle profferte sessuali di un giovane inserviente (interpretato da Ricky Tognazzi), o ancora il suo disprezzo verso la promiscuità degli altri ospiti, l’indignitosa “furia sessuale” incoraggiata dai sorveglianti e consumata sotto il loro occhio benevolo. Lentamente, Tognazzi rimane come isolato al centro del film, sospinto verso un finale cupo e poetico insieme: l’impossibile fuga con il nipotino rapito che termina su un vecchio e semi abbandonato museo galleggiante, carico di salme di animali estinti e di libri dimenticati. Tra le memorie polverose di un mondo scomparso, il suo personaggio, più che arrendersi, toglie il disturbo con nobiltà e discrezione.