DVD – "Le donne della notte", di Kenji Mizoguchi

Le donne della notteDalla Raro Video, un gioiello del cinema di Mizoguchi. Antesignana dei capolavori che hanno aperto al cinema giapponese le porte dell’occidente, un’opera in cui a dominare la scena sono sempre le donne, incarnate, anche stavolta, dalla splendida Kinuyo Tanaka
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Le donne della notte

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Titolo originale: Yoru no Onnatachi
Anno: 1948
Durata: 105’
Distribuzione: Raro Video
Cast: Kinuyo Tanaka, Sanae Takasugi, Mitsuo Nagata, Kumeko Urabe
Regia: Kenji Mizoguchi
Formato video: 1,33:1
Audio: giapponese dolby digital 1.0, mono
Sottotitoli: italiano
Extra: Il regista Kaneto Shindo parla di Kenji Mizoguchi, una videocosa di Enrico Ghezzi
 
 

 

 

 

 IL FILM

 Esponente di spicco dell’epoca d’oro del cinema giapponese, nonché autore tra i più amati dai Cahiers du Cinema, Mizoguchi è qui, come nei capolavori, regista di donne e di passioni tormentate, di lotta continua tra umiliazione e desiderio di vendetta, di atmosfere rarefatte che stupiscono nel loro incorniciare alla perfezione le storie di un’umanità derelitta.
Teatro della vicenda è stavolta il Giappone del primo dopoguerra, in cui le ferite inferte dal conflitto si accavallano a quelle generate da un’oscillazione continua tra passato e presente.
Lontana dalla sua famiglia e con un neonato tubercolotico a carico, Fusako attende con trepidazione il ritorno del marito dalla guerra: a raggiungerla sarà invece la terribile notizia della sua morte. La fortuna sembra girare quando, passeggiando per le vie di Osaka, Fusako si imbatte nella sorella, che credeva dispersa assieme ai genitori. Divenuta un’affascinante ballerina, questa le confessa di essere rimasta sola al mondo, esprimendo il desiderio di andare a vivere con lei. A sconvolgere il ritrovato equilibrio familiare sarà la relazione tra il capo di Fusako, già suo amante, e Kumiko: non potendo sopportare il tradimento dell’amata sorella, Fusako diventerà una prostituta, decisa a vendicarsi su tutti gli uomini che cadranno tra le sue braccia. Ad incorniciare la sua storia, una girandola di donne allo sbando, continuamente alle prese con un’esistenza misera, in cui aborto, stupro ed ogni tipo di sopruso sono all’ordine del giorno. yoru no onnatachi
Proprio come nel cinema kaidan, dove gli spettri in cerca di vendetta sono quasi sempre donne vittime di una società sessista, anche qui il rancore derivato dai torti subiti trasforma le protagoniste in creature assetate di riscatto, la cui crudeltà diviene l’unico mezzo di sopravvivenza. La miseria nella quale si muovono le protagoniste rimanda ad uno dei capolavori del grande maestro, il leone d’argento I racconti della luna pallida d’Agosto, in cui  povertà e abbandono del tetto coniugale inducono alla prostituzione. Il legame è forte nonostante le diverse epoche nelle quali le vicende sono ambientate: a tirare le fila è infatti sempre una disperazione talmente profonda da condurre quasi alla follia, l’umiliazione di essere donna in un mondo governato da uomini. Lo squilibrio tra i due sessi si manifesta stavolta anche nella particolare epoca storica che Mizoguchi ritrae con estrema vividezza: un periodo sospeso tra due dimensioni, quella del Giappone passato, familiare e confortante, che trova spazio nell’intimità della propria abitazione, nei modi e negli abiti femminili, e quello futuro, esterno, maschile, aggressivo e, soprattutto, occidentalizzato. Il dispotismo cui sono soggette finisce per esasperare le donne ritratte che, vittime di un sistema in cui a vincere è solo chi prevarica sul prossimo, finiscono per dimenticare la solidarietà tra simili, reagendo con violenza anche tra loro. Nonostante le angherie subite, la voglia di riscatto non viene però meno, letteralmente esplodendo nella scena in cui le due sorelle, riconciliatesi, spariscono dietro all’icona della femminilità cristiana: quasi che il nuovo sia in grado, ora, di riaffermare quelle doti di compassione e materna benevolenza apparentemente perdute per sempre.
Mizoguchi, dunque, anticipa qui le tematiche ricorrenti anche nei film più noti: il sacrificio femminile, l’attenzione per personaggi messi continuamente alla prova dalla vita ed un pessimismo di fondo che, stavolta, cede il passo alla speranza.
 

 
IL DVD
 
yoru no onnatachiAncora una volta, la Raro Video delizia i suoi spettatori con un capolavoro del cinema orientale. La nobiltà dell’intento non risolleva però le condizioni della pellicola, che risente visibilmente degli attacchi del tempo: qualità dell’immagine ed audio sono infatti estremamente usurati presentando, nella prima parte del film, addirittura graffi ed un fruscio di sottofondo. Insieme all’audio in versione originale (corredata di sottotitoli), questi difetti concorrono però ad accrescere in un certo senso il fascino dell’opera, che ha il sapore del cinema d’altri tempi.
Interessante la scelta degli extra, costituiti da un’intervista in giapponese, rigorosamente sottotitolata, al regista Kaneto Shindo e in una “videocosa” di Enrico Ghezzi.
Grande autore e collaboratore di Mizoguchi, Shindo ricorda quanto il maestro fosse rimasto legato alla tradizione anche dopo la guerra, pur avvertendo intimamente la necessità di contribuire al periodo di innovazione che il suo paese stava affrontando. Bollato superficialmente come “regista del passato”, Mizoguchi seppe tenersi al di sopra delle chiacchiere, trattando anche i soggetti più datati con l’impazienza di chi desidera muoversi al passo con i tempi. Elemento fondamentale del suo cinema era la trattazione il più verosimile possibile dei temi affrontati: per comprendere al meglio la vita delle donne del dopoguerra, si recò così a Yoshiwara, storico quartiere di piacere, studiandone gli atteggiamenti ed entrando in contatto diretto con loro. All’operatore che lo accompagnava, intimò di adottare uno stile di ripresa nuovo, ispirato ai film di Rossellini, in quanto vedeva nel neorealismo la strada da seguire. A permettergli di sopravvivere nel tempo fu proprio la trattazione attenta dei personaggi ritratti, la comprensione profonda della loro intimità: così riuscì a cogliere l’essenza stessa delle donne, immutabile a prescindere dall’epoca cui queste appartengono.yoru no onnatachi
Protagonista assoluto dello schermo, Ghezzi definisce Le donne della notte uno dei film più disarmonici di Mizoguchi, distante dai successivi, ambientati invece in un passato rivisitato con enorme interesse. Punto di forza del regista fu colonizzare il cinema d’autore, mostrando al mondo il carattere prettamente giapponese delle sue opere, in contrasto con l’occidentalizzazione allora imperante. Il film assume in tal senso un’importanza estremamente rilevante, per il suo imporre la classicità giapponese nella ricostruzione dei suoi spazi tipici, la cui tradizione viene minata dalla rincorsa all’occidente.
Straordinario è l’uso incerto che Mizoguchi fa del piano sequenza, generante spesso una voluta ed apparente trascuratezza, che qui come in nessun'altra opera esprime la genialità formale nella figurazione dello spazio e, contemporaneamente, il gusto di lasciarla andare per conto proprio a seconda dei desideri e delle pulsioni dei personaggi. É un cinema che dà l’impressione di non stare mai fermo, ed è in questo l’opposto di Ozu che filma piuttosto le costanti della commedia umana. Solo nel finale il maestro si arrende al disfarsi dello spazio propriamente giapponese, con la Madonna che, facendo da sfondo ad un quartiere dominato da prostitute, va ben oltre l’elemento drammatico, mostrando la costrizione autoimposta della società nipponica. Mizoguchi sta ormai talmente uscendo fuori dal suo cinema, dalla tradizione del suo paese, che non gli rimarrà altro da fare che rientrarci, più avanti, con i capolavori riconosciuti.
 
 

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