DVD – "Reincarnation" di Takashi Shimizu

Reincarnation rappresenta bene il suo regista, Takashi Shimizu, celebrato per Grudge e i suoi mille fratelli cinematografici. E' un horror che disserta con saccenza di morte e reincarnazione; e che alla fine dei conti risulta più vuoto della sinuosa confezione ben realizzata. Vale però i soldi che costa il dvd uscito per Dolmen Home Video

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Titolo originale: Rinne

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Anno: 2005


Durata: 97'


Distribuzione: Dolmen


Genere: horror


Cast: Yuka Shiina, Karina Shiina, Kippei Shiina, Tetta Sugimoto, Shun Oguri


Regia: Takashi Shimizu


Formato DVD/video: 1.78:1 16/9


Audio: Dolby Digital 5.1. italiano, giapponese


Sottotitoli: italiano, italiano per non udenti


Extra: trailer; dietro le quinte; interviste

IL FILM


Si prenda Reincarnation per quel che è: un'inquietante, ondivaga dissertazione sulla morte vista come oggettivo scoglio tra vita e metempsicosi. Senza posto però per psicopatologie new age o speranze pseudo-pacificatrici, il che è senz'altro un bene per un horror che ha come primo obiettivo il creare tensione. I riferimenti hitchcockiani, a partire dai bei titoli di testa e dalle dolcissime melodie di sottofondo ideate dal solito geniale Kenji Kawai, distaccano solo in parte il progetto low cost dalla serie J-Horror Theater, cui indubitabilmente appartiene insieme ai non dissimili Infection di Masayuki Ochiai, il migliore sinora tra i film usciti del filone, e Premonition di Noro Tsuruta. Passata per festival minori, a dispetto del curriculum blasonato di un regista che ormai lavora in pianta stabile a Hollywood, la pellicola riprende la passione del suo autore per la circolarità e la ripetizione di stilemi che funzionano. Se da un lato è un pregio, da un punto di vista più generale è il maggior difetto di un film che tutto sommato delude abbastanza. Takashi Shimizu ha infatti il vizio di creare una situazione, una scena oppure un guizzo che fa paura e, privo di costanza nel lavorare sulle conseguenze, di riproporlo ad libitum, senza sosta e senza ritegno. In questo caso un spunto già preso in considerazione dal cinema horror più volte torna in auge grazie ad un afflato psicosomatico che porta a considerare il veggente, il medium, non tanto come un folle vaneggiante quanto piuttosto un malato, cui lo stress quotidiano nuoce terribilmente con il peso della consapevolezza e delle responsabilità quotidiane. Sulla base del solito immarcescibile Ring e dei suoi fantasmi ancora non domi, la storia prende le mosse dall'indagine di una studentessa e dalla parallela odissea di una giovane attrice che tra déjà-vu e sogni premonitori rivive la tragica strage avuta realmente luogo in un albergo. Da lì in poi è un delirio di oniriche divagazioni su come costruire la tensione senza mettere carne al fuoco. Un contenitore di vane speranze, vuoto dietro la facciata patinata e astutamente curata. Shimizu è un marpione, nel senso più gretto del termine, un filmaker che sfrutta il momento (di gloria) per accumulare quattrini e situazioni pregresse. Il suo talento nella messinscena è innegabile, si veda in merito la riuscitissima scena dalla biblioteca, in cui una ragazzina imbelle è preda di misteriose mani che la brancano e la rapiscono, ma è sprecato anche solo nella scelta di una sceneggiatura che definire priva di fantasia è poco. A ulteriore riprova di quanto poco convinto sia delle sue scelte contenutistiche – di quelle estetiche lo è sin troppo, quasi arrogante anzi nel proporle come unica soluzione possibile – Shimizu dimostra limiti evidenti nella direzione degli attori, nell'uso degli spazi filmici e nel non approfittare di location e colonna sonora di prim'ordine. In mano ad un regista differente – viene in mente con rimpianto il nome dell'abituale sospetto Hideo Nakata -, alle intenzioni di partenza (cruciale dilemma: buone o cattive? Il sospetto di malafede è legittimo) sarebbe potuto seguire un prodotto di intrattenimento quantomeno adeguato al contesto produttivo. Invece è una vacua dissertazione su come certo horror giapponese stia evidenziando solamente la propria (estetizzante) inadeguatezza a fronte di un'origine puramente exploitation che un tempo rivelava ben altri sottotesti.

IL DVD


Nulla da eccepire sul dvd prodotto con buono sforzo da Dolmen, soprattutto in considerazione di un prodotto di impatto potenzialmente limitato. Per una volta partiamo dal fondo, ovverosia dagli extra, che sono pochi ma buoni: un trailer, un making of e uno speciale con le interviste ai protagonisti. Scartati gli inutili credits sugli autori dell'authoring del disco si passa al provino: è quello italiano ma è di sufficiente impatto e incuriosisce quanto basta, promettendo più di quanto il film poi mantenga. Decisamente di altro livello il making of, che parte con il volto sorridente di Yuka Shiina, l'attrice principale, a fare da apprezzato anfitrione al dietro le quinte, con la grinta del report d'assalto. Subito la graziosa interprete lascia il posto ai fatti, alle immagini, e al regista, padre-padrone dell'opera, ripreso durante le fasi della lavorazione, in diretta, così come tutti gli altri artisti e i membri della troupe. Il tutto risulta un po' caotico e grezzo ma sicuramente spontaneo e interessante, anche grazie ad una durata non da poco, visto che il documentario copre la lavorazione del film per poco meno di un'ora. Il secondo inserto è una collezione di interviste alle tre leading ladies: Yuka Shiina, sicuramente la vera mattatrice della sezione extra, che si lascia anche malauguratamente sfuggire che per l'edizione nipponica aveva registrato con il regista un audio commentary qui non presente, Karina Shiina e Marika Matsumoto. Infine la parola passa a Kippei Shiina, che interpreta il ruolo del regista, e al vero regista, Takashi Shimizu, per quella che è la conversazione più interessante circa la genesi della pellicola. Entrambi gli speciali sono solo in lingua giapponese con sottotitoli (opzionali), ma la fruizione non è assolutamente compromessa dalla mancanza dell'italiano parlato. Passando alla qualità video poco da eccepire: formato anamorfico 1.78:1 corretto e bitrate molto basso (2.50 Mb/s di media) fanno capire da subito che si tratta di una trasposizione validamente eseguita. Idem l'audio, con una traccia italiana in Dolby Digital 2.0 a 192 kb/s e con un ancor più maestoso Dolby 5.1 a 448 kb/s. Di pari livello il giapponese in Dolby Digital 5.1 a 392 kb/s, praticamente all'altezza di un cd musicale di gran classe. I sottotitoli ben tradotti, sia tradizionali che per non udenti, fanno comunque propendere per la seconda scelta, visto che il doppiaggio nostrano penalizza il film da un punto di vista di impatto emotivo. I colori sono brillanti e il quadro solo saltuariamente sgranato, ma il risultato finale è eccellente. Menu animati e artwork ben si confanno allo spirito del film e denotano cura e gusto ben indirizzati nella creazione del prodotto.


 


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