"E morì con un felafel in mano" di Richard Lowenstein

Tutto è surreale e sopra le righe e il paradosso sembra l’unica chiave di lettura, il pin d’accesso a sequenze che frullano e ingoiano storiche battute di Tarantino, due o tre pillole di Danny Boyle e un’infinità di citazioni rubate

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Come in una litografia di Escher, in un andirivieni circolare di salite e discese, cunicoli e passaggi sotterranei, attraversando una mappa di fughe e percorsi immobili, stretti fra un groviglio di inquadrature che conducono sempre nello stesso luogo, sullo stesso set. In quel “paese delle meraviglie” che ha le coordinate geografiche dei paesaggi di una Australia sempre più cinematografica e il ritmo musicale della macchina da presa di Richard Lowenstein, quarantaduenne regista innamorato di videoclip ed ubriaco di atmosfere rock e punk (suo è un intenso mediometraggio dedicato agli U2).
Sono queste le visioni sonore e i labirinti dello sguardo che accompagnano “E morì con un felafel in mano”, lungometraggio che Lowenstein ha tratto dal romanzo cult di John Birmingham. Un’ouverture di immagini sospesa fra fiaba metropolitana e cinica farsa, un “crescendo” musicale orchestrato da visi stralunati, personaggi allucinati e un protagonista – interpretato da uno straniante Noah Taylor – che ha continui problemi di coabitazione con strampalati inquilini.
Tutto è surreale e sopra le righe e il paradosso sembra l’unica chiave di lettura, il pin d’accesso a sequenze che frullano e ingoiano storiche battute di Tarantino, due o tre pillole cinematografiche di Danny Boyle e un’infinità di citazioni rubate qua e là. Ma “estetica del furto” e vertigine acustica sono destinate a durare poco, letteralmente masticate dal montaggio frenetico ma circolare di Lowenstein, da un “falso movimento” che è ossessivo ripetersi di volti, cose, parole. L’occhio del regista torna nel labirinto e il filo d’Arianna dello sguardo si perde, fra una risata, qualche eccesso visivo e le smorfie di Noah Taylor. Mentre il film assomiglia sempre di più ad un eterno e divertente girotondo di strane figure attorno ad un set. Proprio come in una litografia di Escher.
Titolo originale: He Died With A Felafel in His Hand
Regia: Richard Lowenstein
Sceneggiatura: Richard Lowenstein dal romanzo di John Birmingham
Fotografia: Andrew de Groot
Montaggio: Richard Lowenstein
Scenografia: Iain Aitken
Costumi: Meg Gordon
Interpreti: Noah Taylor (Danny), Emily Hamilton (Sam), Romane Bohringer (Anya), Alex Menglet (Taylor), Brett Stewart (Flip), Damian Walshe-Howling (Milo), Torquil Neilson (Otis), Sophie Lee (Nina), Francis McMahon (Dirk), Ian Hughes (Iain il Socialista)
Produzione: Andrew McPhail, Domenico Procacci per Notorius Films/Pty Ltd.
Distribuzione:
Durata: 107’
Origine: Australia, 2001

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array