È morto a 70 anni il regista giapponese Kazuki Ōmori

Famoso per i film su Godzilla, è stato il primo cineasta al mondo ad adattare sullo schermo un’opera di Murakami. Ne ripercorriamo la lunga carriera, omaggiandolo anche con la nostra personale top 5

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È morto il 12 novembre il regista giapponese Kazuki Ōmori, famoso per aver diretto due film di Godzilla per la Toho. Aveva 70 anni. Ad annunciare la sua morte, avvenuta nell’ospedale di Nishinomiya (nella prefettura di Hyogo) dopo una lunga malattia, è stata la Directors Guild of Japan, l’organizzazione nazionale che tutela i diritti dei cineasti nipponici.

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Nato ad Osaka nel 1952, Kazuki Omori ha sempre avuto il cinema nel sangue, anche quando il suo destino sembrava portarlo verso altri lidi. Da giovane infatti studia medicina all’Università di Kyoto, ma il suo reale interesse sta nell’immagine in movimento. Una passione che, non a caso, nasce da bambino, quando il padre lo porta in sala a vedere una delle pellicole centrali della cinematografia nipponica degli anni ’50: cioè il primo Godzilla (1954) di Ishiro Honda. Guardare sul grande schermo le gesta di salvazione/distruzione del lucertolone radioattivo è stato per il regista una vera folgorazione. Al punto che durante gli anni universitari, alterna gli studi medici alla realizzazione di corti indipendenti, il primo dei quali Kuraku naru-made matenai! (1975) vede la partecipazione dell’iconico Seijun Suzuki, al tempo uno dei cineasti più influenti del paese. Nel 1980, in concomitanza con il termine degli studi universitari, realizza il suo primo lungometraggio, Disciples of Hipphocrates, una satira dal tono cinico con protagonisti alcuni giovani studenti di medicina. “Possiamo dire che ho intrapreso gli studi medici solamente per girare questo film” ricorda con ironia il regista, interrogato in un intervista sugli inizi della sua carriera. “Quegli studi hanno aperto nuove vie per il mio percorso professionale. Non li ho visti perciò come una deviazione, ma come un primo passo per il successivo approdo alla regia”.

Ma l’impatto culturale del regista nel cinema nipponico anni ’80 non è da ricondurre solamente alle incursioni nel mondo di Godzilla. Prima ancora di ricevere la famosa chiamata dal produttore della Toho Tomoyuki Tanaka, Kazuki Ōmori adatta per la prima volta in Giappone un’opera di Murakami. Nel 1981 contatta l’allora semi-sconosciuto autore giapponese – o meglio, lo segue in un bar che era solito frequentare – per richiedergli i diritti di riduzione cinematografica del suo libro di debutto, Ascolta la canzone del vento (1979). Murakami accetta, dal momento che da ragazzi avevano frequentato la stessa scuola, e Ōmori non perde tempo ad adattarlo secondo un approccio estremo, quasi godardiano per come evoca i sentimenti dei protagonisti attraverso la rottura delle forme convenzionali. Il film è un flop, tanto che il regista rimarrà per tre anni senza dirigere altri film, mentre Murakami gli negherà nel 1984 la possibilità di adattare il suo successivo romanzo Nel segno della pecora.

Il suo essere alternativo è stata, forse, la chiave d’accesso al regno della Toho, alle prese in quel periodo con grandi difficoltà a rinnovare il suo franchise più celebre e amato. Nel 1985 il produttore Tanaka prende la decisione (tanto rischiosa quanto eccezionale) di affidare per la prima volta a un regista esterno alla major una nuova pellicola su Godzilla. Dopo alcuni ritardi di natura produttiva, nel 1989 esce così nelle sale nipponiche Godzilla vs. Biollante, uno dei film più significativi e iconici della longeva saga. I suoi meriti non sono solo estetici: la pellicola di Ōmori segna insieme la fine di un’epoca, e l’inizio di quella successiva, esordendo nei cinema in concomitanza con la morte dell’Imperatore Hirohito, e prefigurandosi sin da subito come l’opera capostipite del periodo Heisei (1989-2019). E come molte delle pellicole nipponiche di quegli anni, ha la capacità di interpretare, sia a livello comunicativo che tematico, quell’insieme di atmosfere e insicurezze collettive che covavano sotto la patina splendente della “bolla finanziaria anni ’80”. La fattura estetica del film convince gli executive della Toho, che gli offrono di collaborare ad un nuovo progetto. È così che nel 1991 esce Godzilla vs. King Ghidorah, un film più sfilacciato e meno riuscito del precedente, ma lucido nell’interpretare il collasso economico del Giappone post-bolla. La storia di alcuni “viaggiatori del tempo” di stampo occidentale, desiderosi di sabotare il paese nipponico per prevenirne la supremazia futura, apre ad un discorso più ampio, in cui rientrano tutte le sensazioni di dissesto socio-economico che il popolo stava esperendo all’inizio della nuova decade. Rinominata, per le sue ramificazioni nefaste, “The Lost Decade”, il “decennio perduto” del Giappone.

Ma di Kazuki Ōmori non ricordiamo “solo” l’attività da regista. Nel 1982 fonda insieme ad alcuni celebri colleghi come Kiyoshi Kurosawa, Sogō Ishii, Shinji Sōmai e Banmei Takahashi, la Director’s Company, una società di produzione indipendente, con lo scopo di finanziare quei progetti autoriali di grande valore estetico che le major non avrebbero mai realizzato. Come promotore del cinema di qualità, partecipa a numerosi festival nazionali, servendo anche come giurato al Tokyo International Film Festival del 2015. L’esempio di un cineasta eclettico, che tra commedie (Broken Heart, 1995), film yakuza (Succession’s Ceremony, 1992) e animazione (The Boy Who Saw the Wind, 2000) non ha mai svestito i panni dell’appassionato. Anche in faccia ai periodi più bui dell’industria. A cui ha dedicato la sua intera vita di artista.

La nostra top 5

Disciples of Hippocrates (1980)

Hear the Wind Sing (1981)

Godzilla vs. Biollante (1989)

Godzilla vs. King Ghidorah (1991)

Succession’s Ceremony (1992)

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