È morto a 89 anni Wayne Shorter

Il mondo della musica piange la scomparsa del leggendario musicista statunitense che ha segnato la storia del jazz. Dai Jazz Messengers ai Weather Report passando per Miles Davis e i dischi solisti

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Ieri, 2 marzo 2023, è venuta a mancare una delle figure più leggendarie della musica jazz contemporanea: il sassofonista Wayne Shorter. Quest’ultimo, nativo del New Jersey, cresce in un ambiente familiare piuttosto propenso verso la creatività musicale. In tal senso, è il padre ad iniziare il giovane Wayne alla musica in maniera del tutto involontaria, ovvero Wayne sr., ascoltando della musica jazz di ritorno dal lavoro, invoglia il ragazzo verso la scoperta di un mondo fino a quel momento sconosciuto. È proprio in questo contesto che l’artista inizia a conoscere jazzisti come Bud Powell, Thelonious Monk e Charlie Parker. Il giovane Wayne ottiene il diploma presso il Newark Arts High School e, a questo proposito, dichiara in un’intervista alcune frasi indicative: “Sono andato a un liceo artistico dove incontrai persone nei corridoi che parlavano di Rachmaninoff, Stravinsky e Mozart. Andavo in biblioteca dopo le lezioni e rimanevo in biblioteca fino all’orario di chiusura. Mi sdraiavo sul pavimento, leggevo di Frédéric Chopin e George Sand e tutto il resto, leggevo anche alcune lettere scritte da Beethoven”.

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Successivamente, il percorso musicale continua studiando musica per quattro anni alla New York University. Questo passaggio presenta un’interruzione nella carriera di Shorter tra il 1956 e il 1958, uno iato in cui viene espletato il sevizio di leva. Dopo una breva esperienza collaborativa con il pianista Horace Silver, Shorter incide il suo primo album alla fine del 1959 grazie alla scritturazione ottenuta dal batterista Art Blakey. Questo connubio non è da sottovalutare considerando le dichiarazioni rilasciate successivamente da Shorter in un’intervista: “Egli diceva sempre: ‘Prendi una band in cui hai qualcuno che sa scrivere’. Quando lasci i Jazz Messengers, devi prendere la tua band e non metterti insieme e tenere solo il corno… se sei un cecchino, se hai molti capibanda sparsi dappertutto, è difficile prenderti di mira”.

La collaborazione con il gruppo Jazz Messengers dura fino al 1964 e, anche in questo passaggio, l’artista americano mostra il suo lato creativo nella composizione e nell’arrangiamento; la carriera di Shorter si allarga maggiormente negli anni ’60 attraverso le tournée musicali in Europa e Giappone e, nell’estate del 1964, si unisce al quintetto del trombettista Miles Davis. È proprio in questo periodo che l’artista affina la sua sensibilità con il sax e prova a aprire il jazz verso nuove commistioni musicali; anche se la collaborazione con il quintetto termina nel 1970, l’influenza musicale del jazzista resta notevole con un numero svariato di composizioni e tracce considerevoli.

Il passaggio degli anni ’70 è fondamentale nella storia di Wayne Shorter, soprattutto grazie alla collaborazione con i Weather Report, gruppo che segna il panorama musicale di quel periodo e anche di quello successivo. Negli anni ’80, l’esperienza musicale si amplia ulteriormente con un tipo di collaborazione non propriamente jazzistica, e questo è il caso della bella parentesi italiana con Pino Daniele. Quest’ultimo infatti, nel 1982, realizza l’album Bella ‘mbriana e si avvale degli assoli di Wayne Shorter in alcuni brani come Io vivo come te, Toledo e Maggio se ne va.

Dopo il 1986, anno in cui il jazzista americano conclude il sodalizio con i Weather Report, Shorter si dedica definitivamente alla ricerca di nuovi talenti musicali e muovendosi da leader musicale, con il suo nuovo quartetto, va sia a riscoprire il mondo della musica acustica, sia verso la completa free improvisation.

Sulla vita del jazzista americano, il produttore e regista Dorsay Alavi ha iniziato a girare un documentario chiamato Wayne Shorter: Zero Gravity nel 2015, nel quale spiccano le importanti testimonianze di musicisti di alto profilo come Herbie Hancock, Esperanza Spalding e Terri Lyne Carrington. Dopo il ritiro dalla scene, l’eclettico musicista americano si cimenta come compositore in Iphigenia (2018), una nuova opera artistica dove il compositore rivisita la tragedia di Euripide mettendo insieme forme classiche e jazz in un’unica partitura orchestrale accompagnata da un libretto dalle suggestioni poetiche e profondamente radicali.

Nonostante l’esperienza terrena di Wayne Shorter sia terminata, resta ineluttabilmente la presenza di uno stile che non è facile da inquadrare; se, all’inizio della carriera, l’influenza di John Coltrane si fa sentire a partire dalle lunghe frasi e dalla nitidezza nell’attacco delle note, successivamente, grazie alla vicinanza con Miles Davis, si giunge a una roca sonorità marcata e un dolce lirismo. Nel corso della carriera del musicista americano si va a accentuare gradualmente l’uso del sax unito alle problematiche complessive di organizzazione del suono. Probabilmente, la caratteristica fondamentale dello stile di Wayne Shorter, s’innerva sulla costante ricerca di un equilibrio tra la volontà di sperimentazione e la costruzione di una definitiva armonia, tra una tragica nostalgia storica e la riscoperta della musica moderna. In una delle sue ultime interviste, egli ha risposto così alla domanda su cosa pensasse della musica oggi:

“Ci si può domandare: a cosa serve la musica, oltre che a far soldi e a intrattenere? A cosa serve ogni cosa? Guidare un taxi, per esempio, guidarlo professionalmente, con orgoglio, a cosa serve? Siamo capaci di scrivere musica che sappia indicare quale sia lo scopo della vita? Capisci?”

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