È morto Mel Bochner

Il pioniere americano dell’arte concettuale ci ha lasciato il 12 febbraio. Ripercorriamo insieme la carriera dell’artista che ha rivoluzionato il modo di pensare con le immagini e con il linguaggio


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Mel Bochner, l’artista chiave del movimento concettuale tra gli anni ‘60 e ‘70, si è spento a New York il 12 febbraio all’età di 84 anni. La notizia è stata annunciata dagli esponenti delle sue tre gallerie di riferimento: la Fraenkel, Marc Selwyn Fine Art e Peter Freeman.

Nato il 23 agosto 1940 in Pennsylvania, Bochner si forma alla Carnegie Mellon University, per poi trasferirsi nel 1964 a New York come docente in storia dell’arte presso la School of Visual Arts. Ed è proprio qui che l’artista si appassiona a un metodo artistico contagiato da materie filosofiche, dalla semiotica e matematica, prendendo come modello la logica simbolica e gli studi del filosofo Ludwig Wittgenstein.
Mel Bochner raggiunge il successo nel 1966, grazie alla mostra rivoluzionaria Working Drawings And Other Visible Things On Paper Not Necessarily Meant To Be Viewed As Art. Si tratta di una raccolta di disegni tecnici e appunti fotocopiati di Donald Judd e Dan Flavin, seguito dall’intento di provocare l’idea tradizionale di arte. Bochner è, inoltre, tra i primi artisti insieme a Joseph Kosuth e Bruce Nauman, ad aver integrato la fotografia nel corso della sua carriera, sperimentando nuovi orizzonti espositivi e trasformando le pareti delle gallerie in parte attiva delle sue opere.

Successivamente, negli anni settanta, approfondisce la ricerca sul linguaggio creando Measurement e Theory of Boundaries, dove al centro delle opere pone la relazione tra la rappresentazione e la percezione spaziale. “Non esiste un carattere tipografico in quanto tale. L’ho creato per adattarlo ai miei scopi, che è essere il più possibile neutrale rispetto al contesto, il che significa che non c’è alcun “design” coinvolto nelle lettere che uso. Il mio unico criterio è la convenienza”, dichiara per 200% Magazine.

Ma è a partire dagli anni ’80 che Bochner introduce sempre più spesso elementi di pittura, senza però abbandonare l’uso della parola come elemento visivo e concettuale.
L’artista concettuale racconta in un’intervista per Haterview con Carroll Dunhamcome come, dopo un periodo dedicato principalmente al disegno e alla scultura, la sua passione per la pittura si sia accesa. Egli dichiara che si tratta di una vera e propria riscoperta della materialità e della fisicità del colore, elementi che sentiva mancassero nelle sue opere precedenti ma senza togliere l’elemento centrale delle sue opere, ossia il linguaggio, che per lui è considerato non solo un grande strumento di comunicazione ma anche oggetti fisici da esibire.

 

Con la serie di opere Thesaurus Paintings, enfatizza negli anni ’90 il linguaggio nella sua dimensione estetica ed espressiva, prendendo alcune parole del dizionario dei sinonimo e ricalcando queste ultime attraverso l’uso del colore e della pittura, per conferire una scarica di aggressività ma senza perdere il focus sull’elemento ludico.
Ad oggi alcune sue opere sono state esposte in numerose istituzioni prestigiose, tra cui il Museum of Modern Art di New York e la National Gallery of Art di Washington D.C., che nel 2011, ha ospitato la retrospettiva In the Tower: Mel Bochner. L’anno successivo Mel Bochner: If the Colour Changes è stata ospitata dalla Whitechapel Gallery di Londra, dall’Haus der Kunst di Monaco e dal Museu de Arte Contemporânea de Serralves a Porto.

Il pioniere Mel Bochner ha scardinato le convenzioni dell’arte, trasformando quest’ultima in un territorio in cui il linguaggio si fa immagine e il pensiero prende forma. La sua eredità non è solo visiva, ma concettuale: un gioco tra parola e percezione, tra logica e disordine, tra il detto e il non detto. Con le sue opere ha mostrato a un vasto pubblico che il significato è in costante movimento, che si sgretola e si ricostruisce, invitandoci a leggere l’arte con occhi diversi.


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