È morto Sly Stone

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Pioniere assoluto della musica funk di stampo black, si è spento all’età di 82 anni, lasciandosi alle spalle un’importante eredità. Tantissimi i musicisti da lui influenzati, da Prince a Beck

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Sly Stone, musicista, cantante e frontman della band che portava il suo nome, Sly & the Family Stone, è venuto a mancare all’età di 82 anni. La famiglia ha annunciato la sua scomparsa in un comunicato, ribadendo il suo posto di assoluto rilievo nella storia della musica: “Con profonda tristezza annunciamo la scomparsa del nostro amato padre, Sly Stone degli Sly and the Family Stone. Dopo una lunga lotta contro la BPCO e altri problemi di salute preesistenti, Sly si è spento serenamente, circondato dai suoi tre figli, dal suo più caro amico e dalla famiglia allargata. Nel dolore per la sua perdita, troviamo conforto nella consapevolezza che la sua straordinaria eredità musicale continuerà a ispirare le generazioni a venire. È stato una figura monumentale, un innovatore rivoluzionario e un autentico pioniere che ha ridefinito il panorama della musica pop, funk e rock. Le sue canzoni iconiche hanno lasciato un’impronta indelebile nel mondo, e la sua influenza è tuttora innegabile.”

Nato a Denton, in Texas, il 15 marzo 1943, Sylvester Stewart (questo il suo nome all’anagrafe) inizia a dilettarsi con la musica fin da piccolissimo, quando i suoi genitori educano lui e i suoi fratelli secondo la dottrina religiosa della Church of God in Christ, una delle più importanti denominazioni pentecostali degli Stati Uniti, con una forte rappresentanza della comunità afroamericana.

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Le prime esperienze musicali di Stewart partono infatti dalla chiesa: nel 1952, il gruppo The Stewart Four formato da lui e da suo fratello Freddie insieme alle sorelle Rose e Vaetta, che si esibiva principalmente in canti gospel, riesce addirittura ad incidere un singolo su 78 giri intitolato On the Battlefield. Successivamente, tutti gli altri figli della famiglia Stewart (eccetto la sorella maggiore Loretta) intrapresero la carriera musicale, adottando il cognome d’arte “Stone” nella band Sly & the Family Stone, costituita appunto dai parenti e amici del figliol prodigo.

Sly and the family stone

Il soprannome Sly, derivante da un errore di pronuncia di un suo compagno di classe che lo chiamò “Slyvester”, divenne il marchio di fabbrica dell’artista, con cui diede vita dapprima alla band The Stoners nel 1966 e, in seguito, agli Sly & the Family Stone.

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, il collettivo formato da Stone inizia a definire un nuovo paradigma per la musica funk. La fusione di ritmi R&B, elementi soul e psichedelia, contribuiva a creare una musica che faceva della mescolanza di groove e impegno politico la sua cifra stilistica distintiva. Le chitarre “acide” facevano sì che il ritmo di questo soul-funk particolare fosse abbastanza ipnotico da collocarsi sulla stessa lunghezza d’onda di band come Funkadelic e Last Poets, anch’esse esponenti di assoluto rilievo del genere.

Dopo un album di debutto accolto piuttosto tiepidamente, A Whole New Thing (1967), la band pubblica nello stesso anno il singolo Dance to the Music, facendolo diventare anche il titolo che dà il nome al loro secondo disco, uscito nel 1968.

Nell’estate del 1969, gli Sly & the Family Stone raggiungono il successo in classifica con i singoli Everyday People (tratto dall’album Stand!), Hot Fun in the Summertime e Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) / Everybody Is a Star, riuscendo ad esibirsi anche al leggendario Festival di Woodstock di quello stesso anno. Con il crescente successo commerciale, iniziano ad arrivare anche diversi problemi che riguardano i rapporti interni alla band (c’erano delle frizioni costanti tra i fratelli Stone e il bassista Larry Graham), le richieste pressanti da parte della loro etichetta dell’epoca, la Epic, che chiedeva costantemente altri singoli da classifica e soprattutto, la dipendenza dalle droghe che rallentò drasticamente la produzione musicale di Sly Stone e soci tra il 1969 e il 1971.

 

In seguito al trasferimento della band a Los Angeles, il consumo spropositato di cocaina e PCP aveva condizionato l’ispirazione di Stone, che però nel 1971 fa uscire il disco forse più unico della sua carriera, There’s a Riot Goin’ On. L’album rappresenta una sorta di rivoluzione del modus operandi del gruppo, che per quell’occasione fa sovraincidere le parti strumentali delle canzoni in studio, andando in direzione opposta rispetto a quanto fatto dalla band nei lavori precedenti, dove tutti i membri suonavano insieme su disco come dal vivo.

Il bacino di riferimenti musicali da cui il gruppo pesca per comporre le proprie canzoni è abbastanza vasto da comprendere elementi come il rock psichedelico di Hendrix, il country, il jazz e la musica caraibica, in canzoni come Family Affair, Luv N’ Haight, Africa Talks To You (The Asphalt Jungle) e Thank You For Talkin’ To Me Africa. Un cocktail di stili unico che influenzerà tantissimi musicisti in futuro, sia neri che bianchi: artisti come Prince, Miles Davis, Talking Heads, Gang of Four, Red Hot Chili Peppers, Public Enemy, Fatboy Slim e Beck celebreranno infatti Sly Stone per la qualità unica di mescolanza dei generi, campionando talvolta i suoi brani.

There’s a Riot Goin’ On è stato anche il primo disco prodotto da una major ad usufruire di una drum machine, cosa che va di pari passo con l’attitudine dello stesso Sly Stone all’epoca che suonò quasi tutti gli strumenti da solo e cantò su più tracce rispetto al passato.

Il disco successivo, Fresh, del 1973, è stato classificato da Rolling Stone nel 2003 alla posizione numero 186 nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi, con canzoni quali If You Want Me to Stay, Frisky e la cover del brano Que sera, sera (Whatever Will Be, Will Be), cantato originariamente da Doris Day in L’uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock.

Brian Eno ha detto, a proposito dell’album, che è stato un’opera “spartiacque” nella storia della tecnica di registrazione in studio, “dove gli strumenti ritmici, in particolare il basso e la batteria, improvvisamente diventano gli strumenti più importanti nel missaggio.”

Purtroppo, le successive uscite non riusciranno a replicare quanto di buono era stato fatto con le opere pregresse e nel 1975, dopo l’ennesima tournée fallimentare dovuta alla sempre più autodistruttiva tossicodipendenza di Sly Stone, la band si sciolse.
Il frontman continuò comunque a pubblicare materiale da solista sotto il nome di Sly & the Family Stone dal 1975 al 1983 (supportato anche da una nuova formazione), prima di ritirarsi definitivamente nel 1987, in seguito al suo arresto per uso di cocaina avvenuto nello stesso anno.


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