“Chi lo sa?” di Jacques Rivette

Cinema di invidiabile modernità, di esemplare rigore nella disposizione nei piani, e nelle simmetrie ma anche pieno di quella libertà “Nouvelle Vague” per come dispone e fa perdere i suoi protagonisti dentro/fuori il set.

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Sempre dentro/fuori la scena il cinema di Jacques Rivette. In “Chi lo sa?” la vita dei personaggi appare come un’estensione di quella del palcoscenico. Nelle precise simmetrie, nelle intersezioni di un cineasta che sorprende ancora per la sua invidiabile modernità, capace sempre di trasformare in qualcosa di sorprendente fisico la mobile scrittura dei suoi abituali sceneggiatori, Christine Laurent e Pascal Bonitzer. Da una parte le vicende corali dei personaggi sembrano intrecciarsi sempre con la scena teatrale, elemento questo presente sin dall’esordio di “Paris nous appartient” e portato come autentico segno teorico in “Una recita a quattro”. Ed è così che la storia di “Chi lo sa?” prende avvio proprio da un palcoscenico, dove Ugo (Sergio Castellitto) dirige la sua compagna Camille (Jeanne Balibar) in una versione di “Come tu mi vuoi” di Pirandello. Ma al tempo stesso il cinema di Rivette si contamina sempre con altri generi come il giallo (Ugo e l’ex-uomo di Camille che si fronteggiano in una strana “resa di conti” dentro il teatro, con Castellitto coinvolto in un altro duello simulato dopo “L’ora di religione”) producendo quella magica tensione sentimentale di “La bella scontrosa” o quel cinema-verità emotivo di “L’amour fou”. Ancora “rondes” di personaggi, movimenti circolari che continuano a persistere anche nel fuori-campo, nei vagabondaggi “Nouvelle vagues” all’interno di una Parigi che stavolta non è più set illimitato ma metropoli labirintica, che porta spesso i corpi sugli stessi luoghi: il teatro, l’albergo, l’appartamento di Dominique in cui Ugo sta cercando “Il destino veneziano” (uno scritto sconosciuto di Goldoni), la casa di Pierre, ex-uomo di Camille, la sala dove Sonia (la nuova compagna di Pierre) impartisce a delle bambine delle lezioni di danza. Ma anche scenari sconosciuti, che astraggono i personaggi e li pongono momentaneamente fuori-scena, come il caso di Camille che cammina su un tetto, astrazione momentaneamente libera di un corpo che vuole essere altro da sé, che vuole liberarsi non solo di un personaggio, ma del suo stesso passato. Dentro “Chi lo sa?” è presente, nella disposizione dei piani sui volti e nel rigore formale con cui Rivette li sospende in inquadrature tese come quelle di Bresson, ancora quella ricerca sul corpo/materia come in “Susanne Simonin, la religiosa” e il dittico di “Giovanna d’Arco”. Come il teatro appare come un’estensione della vita dei loro personaggi – anche quelli che non occupano il palcoscenico, assistono comunque alla rappresentazione, divenendo “soggetti attivi” che vivono nel fuori-quadro dal momento in cui si presentano nei camerini – così il cinema di Rivette si continua ad alimentare attraverso la continua interazione/simbiosi con le altre arti: ovviamente il teatro, ma anche la letteratura e la pittura. In questo senso non solo i corpi appaiono come delle proiezioni pittoriche arricchite di una carnalità ma soprattutto è la luce della fotografia di Lubtchansky (abituale collaboratore di Rivette e Ioseliani) che dona agli ambienti un’accecante solarità e un’energia senza freni. Dietro il consapevole rigore, “Chi lo sa?” vive al tempo stesso di quella libera frammentazione di “Alto basso fragile”, con personaggi che seguono la propria Casualità e il proprio Destino. Un libro di Goldoni che ri/appare dal passato, un anello di valore che appare e ricompare (con quei movimenti sinusoidali ophulsiani di “I gioielli di Madame de…”), e soprattutto una coinvolgente gioia che appare in ogni immagine che si manifesta pienamente in uno straordinario finale dove – ancora una volta dentro/fuori il teatro – tutti i personaggi si incontrano in un gioco/danza dove i personaggi sembrano volare in un musical tra Demy e il Resnais di “Parole parole parole”.Titolo originale: Va savoir
Regia: Jacques Rivette
Sceneggiatura: Christine Laurent, Pascal Bonitzer, Jacques Rivette
Fotografia: William Lubtchansky
Montaggio: Nicole Lubtchansky
Suono: Florien Eidenbenz
Scenografia: Emmanuel de Chauvigny
Costumi: Christine Laurent
Interpreti: Jeanne Balibar (Camille), Sergio Castellitto (Ugo), Hélène de Fougerolles (Dominique), Jacques Bonnaffé (Pierre), Marianne Basler (Sonia), Catherine Rouvel (M.me Desprez), Bruno Todeschini (Arthur), Claude Berri (libraio), Attilio Cucari (Salter), Bettina Kee (Mop)
Produzione: Pierre Grise Productions
Distribuzione: Mikado
Durata: 154’
Origine: Francia/Italia/Germania, 2001

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