Waking Life, di Richard Linklater

Linklater erige una impudente elegia funeraria in onore dell’attore, ne sentenzia la morte. “Waking life” veleggia nel mare onirico della coscienza facendo tappa nel “mondo dei morti”. Il “luogo” del film è infatti il cimitero degli attori perché generato da un cinema in fase terminale, nella sua ultima sporca dozzina di minuti vitali.

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Sgombriamo subito il campo da eventuali incomprensioni: “Waking life”, come si è malamente vociferato, non è un film sperimentale, né tanto meno, scomodando l’accezione più pura del termine, quella che fa dello sperimentalismo una vera e propria categoria retorica e interpretativa della dialettica cinematografica. E per non voler fare solo del purismo teorico-cinematografico, nemmeno la speciale tecnologia rotoscopica schiude le porte alla novità, dato che l’apparecchio usato per “ricalcare” digitalmente il realismo profilmico, chiamato appunto rotoscopio, è vecchio quasi quanto il cinema. A questo punto, se l’unica mozione in favore di un presunto sperimentalismo dimora nell’assenza di una narrazione classica, nella spregiudicatezza di un flusso coscienziale che si fa portatore del narrato, allora dobbiamo conseguire che tutto il cinema sta deflorando il suo concetto di moderno proprio sotto i nostri occhi. Mentre sappiamo benissimo che la deriva dei continenti cinematografici prosegue a tentoni, solo a certe latitudini, e non sarà certo l’ennesimo e benvenuto film scarnificato – è proprio il caso di dirlo – sia nella forma sia nel contenuto, a farci gridare al nuovo esperimento. Nuovo no, fate attenzione, ma notevole e ossigenante, questo sì. Si riflette sui massimi sistemi e sulla collocazione della mente nell’ordine naturale che, genialmente, Linklater rappresenta con i pennelli carichi dell’antinaturalismo. “La vita è un sogno” è il titolo dell’opera prima del regista, dove tra l’altro il protagonista è Wiley Wiggins, lo stesso di “Waking life”, e non c’è miglior locuzione che sappia referenziare costruttivamente questo film. E forse, non c’è miglior messinscena onirica di quella che passa per l’ondivagante deriva del cartone animato, di questo cartone animato. La domanda che astutamente Linklater ci/si pone e che noi ci permettiamo di ampliare con la sua valenza doppia e metanarrativa è: che cosa pensa, dove va il cervello-cinema nei dodici minuti (in questo caso 97’) che seguono la morte del corpo-attore? Domanda impossibile da soddisfare, ma non è difficile vederci dentro l’assunto cocteauiano e parallelamente le infinite metamorfosi corporali che il cinema sta via via indagando. Linklater, risiede qui la singolarità del suo film, erige una impudente elegia funeraria in onore dell’attore, ne sentenzia la morte. “Waking life” veleggia con lo stile di “Understanding comics” di Scott McCloud e con l’oratoria del “Due o tre cose che so di lei” godardiano, nel mare onirico della coscienza facendo tappa, come cita il film, nel “mondo dei morti”. Il “luogo” di “Waking life” è infatti il cimitero degli attori perché generato da un cinema in fase terminale, nella sua ultima sporca dozzina di minuti vitali. E infatti il film si chiude con la sagoma nera di un corpo (come il James Stewart di “Vertigo”) che dovrebbe ascendere ma, nel collasso delle spazialità oniriche, non fa altro che precipitare nel nulla. E’ vero che (volutamente) si esce fuori dalla sala frastornati dall’eloquenza verbale e dall’ondulatoria delle immagini, ma è altresì vero che il refrigerio offertoci dal film dopo tante zaffate di stantio cinematografico è quanto di più costruttivo ci si possa aspettare da un’opera così laterale. Titolo originale: Waking Life
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura: Richard Linklater
Montaggio: Sandra Adair
Fotografia: Richard Linklater, Tommy Pallotta
Scenografia: Bob Sabiston
Voci: Trevor Jack Brooks (giovane ragazzo), Lobelie Linklater (giovane ragazza), Wiley Wiggins, Glover Gill, Lara Hicks (suonatore di violino), Ethan Hawke (Jesse), Julie Delpy (Celine)
Produzione: Caroline Kaplan, Tommy Pallotta, Jonathan Sehring, John Sloss, Jonah Smith
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 97’
Origine: Stati Uniti, 2001

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