Ebbro di donne e di pittura, di Im Kwon-Taek
Nuovo capolavoro visionario del grande cineasta coreano che, nel ritratto di un pittore inquieto ed irrequieto, disegna i contorni di una ricerca profonda attorno e dentro l'immagine, riuscendo a cogliere gli aspetti contraddittori da sempre presenti nel suo cinema, sontuoso e raffinato e, contemporaneamente, forte e crudele
La storia misteriosa e incoerente del pittore coreano Ohwon Jang Seung-Ubma è il centro e il motore di Ebbro di donne e di pittura, capolavoro visionario di Im Kwon-Taek (che con questo ha firmato il suo novantacinquesimo film) che è riuscito a far rivivere e a convergere in questo film i forti contrasti, la frenesia e i vuoti di un artista incontenibile e geniale. Ipnotico lo sguardo, perché segue con totale dedizione il gesto convulso del pennello sul foglio bianco, l'attimo della creazione e, al tempo stesso, il placarsi della follia che, anzi, viene trasformata in oggetto visibile. Poco si sa della vita di questo artista. Solo alcuni dettagli sparpagliati attorno ai quali lavorare e da tradurre in segni, immagini e parole che sembrano nascere direttamente dai dipinti, pervasi da un senso d'urgenza e di inspiegabile rabbia. Basta analizzare il titolo per capire fino in fondo la struttura di un film sfilacciato e debordante, i cui i colori forti e prepotenti accendono il quadro, lo dominano e ne stabiliscono le linee e le false geometrie. Si scopre, così, che l'ebbrezza, che caratterizzava proverbialmente Ohwon, ubriaco di vino e di donne, ma anche trasfigurato dall'esigenza e dalla dipendenza per la sua stessa arte, si è tradotta in film, è diventata il gesto della macchina da presa di Im Kwon-Taek, il senso di ogni movimento e la foga di ogni stacco di montaggio.
Acrobata sul filo sottile della vita, sempre in bilico tra il genio e la pazzia, il protagonista ingaggia una sfida con se stesso, un viaggio reale e metaforico, che lo porterà ad essere inconsapevole testimone di una rivoluzione sociale, culturale e politica (la dissoluzione e il crollo rovinoso della dinastia Chosun), che resterà imprigionata nel segno aggressivo della sua pittura iper-realistica e senza regole. Disperato il suo percorso, che lo spinge a infrangere tutte le convenzioni allora vigenti, ad allontanare le persone che gli dimostrano affetto e a travolgere ogni piccolo successo conseguito, eppure testarda la sua risolutezza. Nell'impossibile raggiungimento di un equilibrio, il pittore affretta la sua corsa divorando i segni del mondo che lo circonda per trasformarli in tracce indelebili della vertigine. Così, nel ritratto di un pittore inquieto e irrequieto, il regista disegna i contorni di una ricerca profonda attorno e dentro l'immagine, riuscendo a cogliere gli aspetti contraddittori che, sempre, sono presenti nel suo cinema, sontuoso e raffinato e, contemporaneamente, forte e crudele.
Titolo originale: Chihwaseon
Regia: Im Kwon-Taek
Sceneggiatura: Im Kwon-Taek, Kim Yong-Oak
Fotografia: Jung Il-Sung
Montaggio: Park Soon-Duk
Musica: Kim Young-Dong
Scenografia: Joo Byung-Doh
Costumi: Lee Hye-Ran
Interpreti: Choi Min-Shik (Jang Seung-Ub), Yoo Ho-Jung (Mae-Hyang), Ahn Sung-Ki (Kim Byoung Moon), Kim Yeo-Jin (Jin-Hong), Son Yae-Jin (So-Woon), , Han Myung-Goo (Lee Eung-Heon), Jung Tae-Woo (seung-Ub da adolescente), Choi Jong-Sung (Seung-Ub da ragazzo), Gi Jung-Soo (mastro Yoo-Sook)
Produzione: Taehung Pictures
Distribuzione: Bim
Durata: 117'