"Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me", di Carlo Vanzina

Da “Il cielo in una stanza” passando per “Il pranzo della domenica” si continua a battere la strada dell'omaggio al cinema dei papà, della commedia classica e della maschera carnevalesca. Una memoria che l'autore custodisce con amore ma priva della scintilla di un'intuizione per poter essere rivitalizzata come merita.

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La recente riproposizione di classici del cosiddetto cinema bis arriva a scavare nei famigerati eighties. Dopo il successo della riedizione in dvd del primo film dell'82 (150.000 copie vendute, più di Matrix), Vanzina torna da par suo a fare i conti col terrunciello vent'anni dopo. Come con Febbre da cavallo – La mandrakata e Il ritorno del monnezza non ci troviamo di fronte a remake delle opere originali riviste con spirito contemporaneo ma ad operazioni di nostalgia che da un lato sono strategie commerciali di ammiccamento alle nuove generazioni, dall'altro continuamento del lavoro sul tempo della tradizione caro ai Vanzina bros più recenti (anche se Enrico continua a non stare al passo di Carlo e le sue trovate di sceneggiatura continuano ad essere troppo telefonate e fraintendono i meccanismi del riso popolare). Da Il cielo in una stanza passando per Il pranzo della domenica si continua a battere la strada dell'omaggio al cinema dei papà, per come possono intenderlo i figli di Ste(fa)no, della commedia classica e della maschera carnevalesca. All'epoca l'apparizione del personaggio di Abatantuono fu folgorante, a partire dal grezzo fornaio di Fantozzi  contro tutti, che tra apetta e "sfilatino" faceva perdere la testa alla signora Pina. Era una maschera debordante, raramente sostenuta da impianti visivi adeguati, che riuscì miracolosamente per una manciata di anni a creare un mondo lessicale autonomo, fatto di slang, tormentoni e invenzioni linguistiche. Ora quell'Abatantuono non c'è più, ripulito da troppo cinema di Salvatores e Avati e da altrettanto numerose apparizioni televisive. Anche le sue dichiarazioni promozionali la dicono lunga sull'empatia rispetto agli ambienti rappresentati ("Oggi rispetto a vent'anni fa la tifoseria è molto peggiorata. Resta un grosso problema che io gestirei impedendo trasferte e facendo vedere le partite in grossi schermi, magari con la rete davanti, contro cui i tifosi possono gettare di tutto, senza fare troppi danni", sic…). Basti paragonare le scene nello stadio di San Siro nei due film. Nel secondo, si tratta della sequenza iniziale del sogno, quella con i giocatori del Milan, non sembra di essere in una pellicola ma in una puntata di "Controcampo" (e la consueta multiregionalizzazione del cast non contribuisce a smorzarne l'effetto). La sensazione prosegue per buona parte del film, tanto che i tre protagonisti faticano a distinguersi, anche per uno scarso lavoro fisico nell'allestimento iconografico del personaggio. Forse proprio Abatantuono si è rifiutato di agire sul proprio corpo, sulla propria chioma. Tutto ciò aumenta la nostalgia, in fondo. Il lavoro sulla parola è anch'esso frenato e si ferma a semplici giochetti lessicali (che ricordano più il Frassica arboriano, coprotagonista nel ruolo del mafioso Turi). Sembra più efficace in tal senso addirittura Sconsy, quasi a raccogliere l'eredità di un predecessore, che di film in film cresce umilmente e riesce, caso raro a pensarci, a saltare dalla Tv al cinema senza farsi schiacciare né dall'uno né dall'atro mezzo. In sintesi, un film riuscito a metà che sa strappare qualche sorriso ma procede farragginosamente come un vecchio treno a vapore, alimentato dalla memoria. Una memoria che l'autore custodisce con amore ma priva della scintilla di un'intuizione per poter essere rivitalizzata come merita.

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Regia: Carlo Vanzina


Interpreti: Diego Abatantuono, Sabrina Ferilli, Anna Maria Barbera, Nino Frassica, Carlo Buccirosso, Tony Sperandeo


Distribuzione: 01 Distribution


Durata: 108'


Origine: Italia, 2006


 


 


 


 

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