Editoriale

di Marco Virzi

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Perché uno speciale di Sentieri selvaggi sul piacere? Dopo vari mesi di lavoro comune è il momento di provare a rispondere.
Il piacere è una dimensione della vita di tutti noi, può essere una meta da raggiungere, un traguardo da superare con tutte le proprie forze e le proprie risorse.
Il piacere è fonte di energia, motore ed elemento costante dell'esistenza, punto di arrivo e punto di partenza, può essere sfiorato, attraversato, dimenticato, desiderato, evitato.
È motivo di riflessione, di azione, di impegno, di sconfitta o di successo, di dis-piacere o di soddisfazione.
È un concetto così materiale e così trascendente nello stesso tempo da lasciarci a tratti "senza parole": lo viviamo, lo subiamo, lo evitiamo o ne gioiamo. Tutti ne siamo coinvolti in differenti tipologie e manifestazioni: psicologiche, ideologiche, sociologiche, culturali.
L'arte cinematografica, per sua natura semanticamente densa, complessa, completa e totalizzante, riassume il piacere e lo realizza nelle sue svariate rappresentazioni.
Probabilmente "dalle nostre parti" il piacere latita o forse è solo nascosto o poco evidente? Non lo sappiamo.
Certo è che il cinema ravviva il piacere e da mangiatori di film ipersensibili quali siamo, veniamo inevitabilmente attratti da questa incredibile forma di comunicazione, la viviamo e ce ne alimentiamo, saziandoci attraverso visioni su visioni, scritti, dissertazioni, letture o dibattiti.
Un tema così ampio si è quasi inspiegabilmente (ma con "piacere"!…) articolato in mille rivoli in cui ciascuno ha letteralmente "esploso" la propria idea e le proprie riflessioni sull'argomento, trasformando il tutto in testi e segni particolari, astratti o concreti, in messaggi e significati specifici, personali e privati, o universali e generali.
Questo forse a conferma del fatto che il piacere è infinito, la nostra passione per il cinema è assoluta e il percorso di ciascuno di noi verso o attraverso queste mete è un viaggio interminabile, senza limiti, senza condizionamenti, piuttosto pieno di sogno, fantasia, libertà e desiderio.
Buona visione… ehm…lettura!?

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Post scriptum:

…Come il sognatore che ha coscienza di sognare, il mangiatore di film sente che nel buio della sala cinematografica egli si nutre, e qualche volta ha la visione fuggevole di una fiera che si placa, abbeverandosi, a una sorgente di notte. Il mangiatore di film è un animale solitario. La sua visione è sempre privata. Non è mai liberato da quella dolce disperazione che lo spinge a consumare, voracemente, le gioie dello schermo…
("Schermo delle mie brame – Confessioni di un mangiatore di film di provincia", Enzo Ungari – 1978).

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