Educazione sentimentale, di Julio Bressane

Zomia porta nelle sale italiane il cinema di Julio Bressane. Educazione Sentimentale è uno degli esempi più fulgidi dell’unicità poetica di uno dei registi più liberi in circolazione.

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Non vi è principio. Non la decomposizione dei corpi o il fluire del sangue in una vulva. Si inizia dall’infinito azzurro del cielo, il suo riflesso brillante nell’acqua, ed è già un fluttuare nel mezzo, a ricalpestare il suolo consumato di Rua Aperana, oggi come cinquant’anni (o cinquanta film) fa.

Educazione Sentimentale sembra, nel cinema di Bressane, il suo film più lontano dalla carne, all’apparenza così costruito sulla dolcezza della parola portoghese, che nella bocca di Josie Antonello scorre come acqua di fiume, placida e inarrestabile. Più che di dialoghi, una piramide di quasi-soliloqui che rifiuta qualsiasi verticalità, spandendosi lungo le inquadrature che sempre più vengono squarciate, incastonate, ritagliate, nascoste da teatrali drappeggi in un corpo a corpo senza contatto. Ma già l’intrusione di un microfono, nella sua cruda dimensione extra-filmica, opera un ulteriore squarcio nel sottile velo della messa in scena, rivelando la necessità di Bressane di riflettere innanzitutto sulla trasparenza del suo stesso fare cinema, dell’epidermicità della pellicola sfoggiata e raddoppiata innanzi alla camera. A poter fermare la parola è solo la danza, il movimento astrale con cui il film si avvolge su di sé in parentesi dilatate dove la libertà del corpo ha la precedenza sulla mente.

Educazione Sentimentale, di Julio Bressane

Ed è questo il delicato equilibrio su cui Educazione Sentimentale è costruito, un avvicinarsi tra due corpi che mai potranno toccarsi, se non con la fine del mondo. Non tanto la relazione tra Aurea e Aureo quindi, ma il moltiplicarsi della luna, il vibrare del fotogramma stesso, questo allinearsi astronomico che infonde scosse telluriche all’esistenza tutta e rende viva la pellicola ancor prima dei personaggi che in essa si agitano. Più che Flaubert, è la storia di Endimione e Selene (già uno dei più bei film di Straub) a guidare la visione di Bressane, un contatto impossibile tra pianeti, una danza eterna fino alla collisione, la curvatura ultima del dislimite. Infinite cose racchiuse in un gesto, nel moltiplicarsi dei corpi e degli sguardi, che tremano allo stesso modo.

Le immagini finali che vedono la troupe stessa all’opera frantumano del tutto la trasparenza della pellicola, quasi rendendo visibili quei grumi di materia viva alla base delle immagini. Non si tratta insomma di fotografare lo scheletro della persona amata, perché è innanzitutto lo scheletro (l’armatura, la struttura, che dir si voglia) a mancare. Perché di esso Bressane ne ha sempre fatto a meno, libero di far sua la materia in questo atto d’amore puro, ed è qui la carne, il contatto agognato, perché dove non vi sono più limiti e contorni tutto combacia, si tocca, e vibra in eterno, vorace.

 

Titolo originale: Educação sentimental

Regia: Júlio Bressane

Interpreti: Josie Antello, Bernardo Marinho, Debora Olivieri

Distribuzione: Zomia

Durata: 84′

Origine: Brasile, 2013

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