"El Alamein – La linea del fuoco" di Enzo Monteleone

Più che un film di guerra, “El Alamein” è un film "dentro" la guerra, che diventa efficace metafora antimilitarista e paradigma di ogni conflitto che pone assurdamente un uomo contro i suoi simili, ma anche contro se stesso.

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El Alamein fu lo scenario di una delle battaglie più sanguinose (e delle sconfitte più umilianti per le truppe italo-tedesche) della seconda guerra mondiale. Un non-luogo, in realtà, perduto in un deserto uniforme dove ogni cosa si somiglia e dove il tempo, per chi sta in trincea, non passa mai. Così lo mostra il film di Monteleone, che rifugge dalla rappresentazione della guerra come si tende a immaginarla (e come la immagina il suo protagonista). Le sequenze della battaglia sono brevi e brutali, incastonate a metà di una storia che passa dalla Stasi (la vita nella trincea) della prima parte al Movimento (la ritirata del battaglione) della seconda. Per tutto il resto, El Alamein mostra ciò che, normalmente, non si vede: l'attesa, il "prima" e il "dopo", la lotta insensata contro un cecchino, le bombe che cadono da chissà dove; lascia spazio al confronto tra i personaggi, alla loro immacolata capacità di sognare, ai sentimenti sbiaditi dalla fame e dalla sete. Ma la tensione non sfuma mai, anzi si acuisce progressivamente fino al momento della battaglia decisiva, per poi sciogliersi in un viaggio senza speranza nel deserto. Ed è qui che il film si fa critica amara dell'inadeguatezza delle truppe italiane impiegate in Africa, mettendo implacabilmente in luce la superficialità della missione e il cieco orgoglio di chi impartiva gli ordini. E lo fa affidandosi a una serie di personaggi o situazioni emblematici: il generale che seppellisce il suo attendente e poi si suicida, il colonnello che proclama ostentatamente "un soldato italiano un modo per cavarsela lo trova sempre" (salvo poi andarsene comodamente in macchina dalla prima linea), gli sfottò che i soldati tedeschi lanciano agli italiani appiedati dai camion, senza peraltro farli salire. Monteleone costruisce un film intenso e liricamente malinconico, contratto su se stesso ma non per questo privo di sussulti drammatici. Più che un film di guerra, un film "dentro" la guerra, alla ricerca delle componenti nascoste, delle sfumature che la rendono un'esperienza devastante, e che diventa efficace metafora antimilitarista e paradigma di ogni conflitto che pone assurdamente un uomo contro i suoi simili, ma anche contro se stesso.

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Regia: Enzo Monteleone
Sceneggiatura: Enzo Monteleone
Fotografia: Daniele Nannuzzi
Montaggio; Cecilia Zanuso
Musica: Livio e Aldo De Scalzi
Scenografia: Ettore Guerrieri
Costumi: Andrea Viotti
Interpreti: Paolo Briguglia (Serra), Pierfrancesco Favino (sergente Rizzo), Luciano Scarpa (Spagna), Emilio Solfrizzi (tenente Fiore), Thomas Trabacchi (capitano De Vita), Piero Maggiò (Tarozzi), Silvio Orlando, Roberto Citran, Giuseppe Cederna, Antonio Petrocelli
Produzione: Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz per Cattleya
Distribuzione: Medusa
Durata: 117'
Origine: Italia, 2002


 

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